Le audizioni in commissione Giustizia al Senato, dove è incardinata la riforma del processo civile, sono terminate. E il termine di presentazione degli emendamenti, fissato al 10 febbraio, è superato dalla crisi di governo che, di fatto, ha congelato ogni cosa. Ma ora si potrebbe ripartire da capo, con un nuovo piano per il Recovery che, di fatto, implicherebbe anche una nuova riforma per il processo civile, da scrivere necessariamente entro 60 giorni per rispettare il cronoprogramma europeo. Anche perché la bocciatura che arriva dalle audizioni al Senato, da Corte dei Conti, Bankitalia e authority, è sonora. Il piano, dunque, è tutto da rifare. E ciò consentirebbe di “aggiornare” le riforme della giustizia civile e penale all’epoca post- covid magari con qualche risorsa in più -, dal momento che per entrambi i disegni di legge è trascorso circa un anno dalla presentazione al Parlamento, risultando, come spiega al Dubbio il leghista Emanuele Pellegrini, componente della commissione Giustizia di Palazzo Madama, «già fuori dal tempo».

Fari puntati sul processo civile

Quel che è certo, al momento, è che anche a causa delle fortissime pressioni che arrivano dall’Europa tutte le luci sono puntate sul processo civile. Così gli iter delle due riforme, pur essendo partiti contemporaneamente alla Camera e al Senato, nelle rispettive commissioni Giustizia, hanno seguito un percorso diverso, e ora è sul civile che si spingerà l’acceleratore affinché il testo vada in porto quanto prima. Una riforma non a costo zero, e che dunque impone il ricorso ai finanziamenti del Recovery Fund ( 2,3 miliardi, ai quali si somma un miliardo e 10 milioni stanziati nella legge di Bilancio). Il tema principale è accorciare i tempi della giustizia, che in Italia, nel campo civile, arrivano fino a 1.750 giorni, contro i 600 della media europea, portando il debito per irragionevole durata del processo alla cifra di 327 milioni di euro al 2019. Ma in commissione i partiti di maggioranza si sono scontrati con la Lega, che mal digeriva l’idea di non velocizzare i tempi anche per il penale. E su questo la Corte dei Conti, audita nei giorni scorsi al Senato, sembra dare ragione al partito guidato da Matteo Salvini. Aggiungendo alle riforme necessarie anche quelle sull’edilizia giudiziaria, sintomo dell’efficacia del sistema penale e della funzione rieducativa della pena, che porterebbe giovamento anche all’economia.

«Tutela del diritto di difesa e effettivo contraddittorio»

«Quanto all’effetto volano delle riforme normative in corso in materia di procedura civile e penale - si legge nella relazione depositata a Palazzo Madama -, si rimarca la necessità di perseguire al contempo la qualità del giudizio, anche in termini di tutela dei diritti di difesa e di effettivo contraddittorio delle parti e di tutte le correlate garanzie costituzionali. Dato tale presupposto, appare chiara la necessità di una rapida definizione del nuovo quadro procedurale in entrambi i settori, proprio alla luce dei tempi stretti concessi per il pieno avvalimento dei fondi Next Generation in funzione proattiva per il rilancio del Paese». Tradotto: puntare sui diritti, non solo sui tecnicismi, e in fretta, o si rischia di perdere il treno del Recovery. Un rischio che l’Italia non può permettersi. Ed è per questo che pensare di lasciare indietro il penale risulterebbe un grandissimo errore. Le riforme, secondo la Corte dei Conti, se portate a compimento assieme ad un aumento delle piante organiche di magistratura e personale amministrativo, «appaiono poter rispondere all’istanza di miglioramento della celerità e dell’efficienza del settore giustizia tanto rimarcata ai fini della ripresa economica del Paese anche in tempi antecedenti alla pandemia». Ed è quindi opportuno anche ragionare sui tempi - problematici - del procedimento di selezione del personale: «Da una corretta e tempestiva gestione dei tempi delle selezioni - affermano i giudici contabili - dipende in buona parte la possibilità del raggiungimento degli obiettivi». Altrimenti, scaduto il termine del 2026 per la realizzazione del Piano, il Paese potrebbe trovarsi di fronte agli oneri restitutori senza aver efficientato la giustizia.

Interventi per le carceri necessari

Ma come anticipato, secondo la relazione mancano interventi per l’edilizia penitenziaria, scelta non in conformità alle Linee guida delle Commissioni Riunite per l’adozione del Piano, «che avevano sottolineato l’emergenza di interventi edilizi per le carceri, al fine del superamento del problema ormai annoso del sovraffollamento, peraltro accentuato dalla situazione di oggettiva crisi emersa nel contesto pandemico del 2020, limitando le risorse destinate a tali fini agli stanziamenti a copertura nazionale in legge di Bilancio 2021». E qui l’ammonimento della Corte: «La spesa per edilizia penitenziaria attiene ad una corretta gestione della fase dell’esecuzione della pena ed è essenziale per quei fini educativi che dovrebbero portare ad immettere personalità capaci di affrontare la vita civile in modo non delinquenziale una volta scontata la reclusione, con conseguenze virtuose per la creazione di un contesto di sicurezza sociale utile ed incentivare l’economia e gli investimenti».

La Lega: riforme da riscrivere

Tornando al civile, secondo Pellegrini riscrivere la riforma sarebbe la cosa più giusta: abbracciando le critiche mosse nel corso delle audizioni dagli esponenti del mondo dell’avvocatura, della magistratura e del mondo accademico, la Lega ha invocato una riforma che non puntasse sulla revisione della procedure, ma partisse, in primo luogo, dalla carenza di personale. «Bisognerebbe ripartire da zero - sottolinea -, dando prevalenza alle richieste di avvocatura e magistratura, che però andrebbero sentite prima. La Lega punterà sicuramente su assunzioni di personale amministrativo, per fornire “manovalanza” alla giustizia affinché i fascicoli possano essere smaltiti, e sulla responsabilizzazione dei professionisti che lavorano all’interno del comparto giustizia, con una riorganizzazione delle competenze».