Il Tribunale del lavoro di Milano, per usare un’espressione coniata dal suo presidente Piero Martello, è una “felice anomalia” nel panorama della giustizia civile. La durata media di una causa è di circa 144 giorni, rispetto ai 992 del resto del Paese e ai 237 dei 47 Stati appartenenti al Consiglio d’Europa. Le cause iscritte anteriormente al 2016 sono il 2,8%. Solo il 5- 6% dei giudizi è appellato, la maggior parte con sentenze confermative.

Presidente, l’arretrato al Tribunale del lavoro di Milano è sconosciuto?

Lavoriamo in tempo reale e non facciamo accumulare procedimenti.

Come fate?

È fondamentale una buona organizzazione del lavoro. Ogni settimana un giudice celebra dalle 3 alle 4 udienze, anche il pomeriggio, e limita solo ai casi strettamente necessari il rinvio in prosecuzione. Ciò consente di velocizzare il processo e scoraggiare il contenzioso ‘ pretestuoso’ della parte inadempiente che fa affidamento sulla lunghezza dei procedimenti. La tutela dei diritti è data anche dalla celerità del giudizio.

Quanti giudici avete in organico?

Sono 23 compreso il sottoscritto. Con un bassissimo turn over. L’organico è lo stesso dal 1973, anno in cui furono create le Sezioni del lavoro. Da allora però molte cose sono cambiate: le competenze sono aumentate, ora ci occupiamo anche di pubblico impiego e di società esercenti servizi pubblici, e il rito è stato modificato più volte, penso alla legge Fornero. Un terzo delle cause civili del Tribunale di Milano sono cause di lavoro.

Non serve aumentare gli organici per far funzionare la giustizia in Italia?

Su questo starei cauto. Gli organici sono importanti. Penso al personale amministrativo di Cancelleria. Se manca personale il sistema si paralizza. È importante però una corretta pianificazione dell’attività dell’ufficio.

Il Csm parla di best practice.

Ogni mese è in programma una riunione con i giudici per fare il punto della situazione organizzativa e valutare l’evoluzione della giurisprudenza. Con gli avvocati abbiamo stilato un protocollo per rendere gli atti sintetici e efficaci. Nel processo civile non esistono, come nel processo amministrativo, indicazioni sulla lunghezza dell’atto ma è nell’interesse di tutti che sia agile. Un atto sintetico e per punti numerati è più efficace in quanto maggiormente fruibile dal giudice che, comunque, quando celebra udienza conosce bene il fascicolo avendolo studiato e può imprimere una spinta alla conciliazione o all’istruttoria.

È cambiato il mondo del lavoro in questi anni?

Fino a venti anni fa ci occupavamo di comportamenti antisindacali e questioni collettive. Ora gran parte dei ricorsi riguarda il lavoro nero, sia degli stranieri che degli italiani. Poi c’è una piaga: molte imprese, attive specialmente nel settore dei servizi, nascono con la soppressione programmata. Stanno in piedi qualche anno, non versano contributi né imposte, chiudono e lasciano i dipendenti senza copertura e con stipendi non pagati. Una concorrenza sleale per le imprese oneste.

E il mobbing?

Dopo l’iniziale effervescenza dovuta alla novità della fattispecie il fenomeno si è sgonfiato. È una condotta difficile da provare e argomentare.

I rapporti col Foro?

Direi ottimo. Quest’anno sono stato insignito del Sigillo dell’Ordine degli avvocati di Milano, la massima onorificenza, con questa motivazione: ‘ Per la qualità della giurisprudenza e il confronto con l’avvocatura nel rispetto delle professionalità’. Gli avvocati lavoristi di Milano hanno un alto livello qualitativo e condividono l’obiettivo di contrarre la durata del processo.

E col mondo del lavoro?

Quando possibile il lavoratore, anche se risiede altrove, fa iscrivere la causa al nostro Tribunale come Foro facoltativo, proprio per i tempi certi e la qualità del servizio offerto.

Ulteriori margini di miglioramento?

Pur con le scarse risorse del momento, ci sono.