Dovranno affrontante l’udienza preliminare a seguito della richiesta di rinvio a giudizio per rifiuto di atto d’ufficio. Secondo la procura di Perugia, il procuratore capo Paolo Auriemma e la pm Eliana Dolce della procura di Viterbo avrebbero chiuso un occhio a seguito delle denunce e segnalazioni soprattutto da parte del garante regionale dei detenuti Stefano Anastasìa sui pestaggi avvenuti nel 2018 al carcere di Mammagialla. Su Il Dubbio abbiamo più volte ha riportato eventi tragici che si sarebbero verificati all’interno del carcere “duro” di Viterbo. Due storie su tutte. Quella di Hassan Sharaf, cittadino egiziano di 21 anni, che il 23 luglio del 2018 si è tolto la vita impiccandosi nella cella di isolamento dove si trovava da due ore. Il 9 settembre, neanche due mesi dopo, sarebbe tornato in libertà. Invece non ha retto la pressione di quel luogo. Il ragazzo, durante la visita di una delegazione del garante regionale dei detenuti, mostrò all'avvocata Simona Filippi alcuni segni rossi su entrambe le gambe e dei tagli sul petto che, secondo il suo racconto, gli sarebbero stati provocati da alcuni agenti di polizia che lo avrebbero picchiato il giorno prima. Il Garante Anastasia ha presentato un esposto sulla vicenda di Hassan, sottolineando che il ragazzo aveva riferito di avere «molta paura di morire».

L'altra vicenda emblematica è quella di Giuseppe De Felice che ha denunciato di essere stato massacrato di botte da dieci agenti con il volto coperto, che hanno utilizzato anche una mazza per picchiarlo. Portato in infermeria per qualche ora nessuna si è occupato di lui. Un racconto constatato ancora una volta dal Garante dei detenuti e dal consigliere regionale del Lazio di + Europa, Alessandro Capriccioli, e amplificato dalle parole della moglie del 31enne, che si è rivolta a Rita Bernardini del Partito Radicale. Racconto portato per la prima volta alla luce dalle pagine di questo giornale. Ma Giuseppe e Hassan erano solo la punta dell'iceberg di una violenza quotidiana e sistematica, secondo quanto emerge dalle numerose lettere arrivate nel 2018 ad Antigone. Tanto che il garante Stefano Anastasia non esitò a parlare del Mammagialla di Viterbo come di un carcere punito, in un Paese “dove il carcere punitivo non esiste”. A pensare che nel 2019, l’allora sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi, in risposta a una interpellanza di Riccardo Magi di + Europa, rispose che la Procura stava compiendo accertamenti su tutti i casi elencati e ha sottolineato che l’allora ministro della Giustizia, dopo la pubblicazione dell’articolo de Il Dubbio sui presunti pestaggi, avrebbe subito attivato il Dap per effettuare l’ispezione necessaria previo il nulla osta dell’autorità giudiziaria. Ma essendoci una indagine in corso, ancora non era stato possibile. Da sottolineare che, per quanto riguarda il presunto pestaggio di Giuseppe De Felice, il pm di Viterbo Stefano D’Arma ha chiesto il rinvio a giudizio nel 2020.

Ma ritorniamo alla notizia odierna. Tutto parte quando il Pubblico ministero Gennaro Iannarone ha emesso una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Paolo Auriemma ed Eliana Dolce, entrambi accusati di un reato previsto dall'articolo 328 del codice penale italiano. I due imputati, rispettivamente Procuratore e della Repubblica e Sostituto presso la Procura della Repubblica di Viterbo, sono stati indagati a seguito degli esposti dei familiari di Sharaf al Csm e alla Procura generale, da cui anche l’avocazione a Roma del procedimento principale sulla morte del ragazzo.

L'accusa mossa nei confronti di Paolo Auriemma riguarda il suo ruolo di pubblico ufficiale in qualità di Procuratore della Repubblica di Viterbo. L'imputazione specifica che, l’ 11 agosto 2018, Auriemma avrebbe indebitamente rifiutato l'iscrizione nel registro delle notizie di reato riguardanti una segnalazione presentata dal Garante. Nonostante emergessero specifiche notizie di reato, Auriemma avrebbe registrato il caso come “fatti non costituenti notizia di reato” solo il 20 settembre 2021, omettendo di compiere le necessarie indagini sulle presunte violenze subite dai detenuti presso la Casa di Reclusione Mammagialla di Viterbo.

Analogamente, Eliana Dolce, in qualità di Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Viterbo, è accusata dello stesso reato. Secondo l'accusa, Dolce avrebbe indebitamente rifiutato di iscrivere nel registro delle notizie di reato le informazioni provenienti dalla denuncia presentata dal Garante per i detenuti del Lazio. Nonostante le specifiche notizie di reato emerse dalla denuncia, Dolce avrebbe mantenuto il procedimento registrato come ' fatti non costituenti notizia di reato' nel registro mod. 45 dall’ 11 agosto 2018 al 20 settembre 2021. Inoltre, Dolce è stata anche accusata di aver omesso di compiere le necessarie indagini sulle dichiarazioni dei detenuti riguardo alle presunte percosse e violenze subite, non presentando alcuna richiesta di archiviazione al Giudice per le Indagini Preliminari. Nel procedimento, la persona offesa risulta essere anche il ministero della Giustizia, il quale è stato citato per comparire con lo scopo di esercitare la facoltà di costituirsi parte civile per richiedere il risarcimento del danno. Le prove acquisite nel procedimento includono anche le comunicazioni di notizia di reato relative alla querela sporta dai famigliari di Hassan Sharaf, il ragazzo egiziano che presentò lividi di presunti pestaggi e che poi fu ritrovato suicida. Questa querela è stata presentata dall'avvocato di fiducia Michele Andreano del Foro di Roma e allegata agli atti del procedimento. Inoltre, come già detto, un altro elemento di prova rilevante è rappresentato dall'esposto presentato dal Garante delle persone private della libertà della regione Lazio. Tale esposto ha portato all'apertura del procedimento penale nei confronti di Paolo Auriemma ed Eliana Dolce, in quanto riportava le dichiarazioni di diversi detenuti della Casa di Reclusione Mammagialla di Viterbo che avevano denunciato di aver subito percosse e violenze. L'esposto del Garante dei detenuti costituisce quindi una testimonianza fondamentale per la prosecuzione del procedimento.

Ora i due imputati togati dovranno affrontare l’udienza preliminare fissata per il 29 giugno prossimo presso il Gip del Tribunale di Perugia. L'udienza preliminare rappresenta una fase fondamentale del processo penale, durante la quale il giudice valuterà le prove e gli argomenti presentati dalle parti coinvolte per decidere se rinviare il caso a giudizio o archiviarlo. Sarà quindi l'occasione in cui l'accusa e la difesa potranno esporre le proprie argomentazioni e fornire le prove a supporto delle rispettive posizioni.