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Cartabia
Una risposta arriva da Giorgio Lattanzi. È anche lo straordinario scienziato del diritto a cui Marta Cartabia ha chiesto di proporre modifiche al ddl penale a spiegare la svolta sulla riforma. La relazione prodotta dagli esperti e corredata da puntuali ipotesi di emendamento «ha un carattere sistematico, non settoriale e slegato», fa notare l’ex presidente della Consulta. La “lectio” in cui Lattanzi ha nobilitato l’audizione di ieri davanti alla commissione Giustizia della Camera chiarisce perché non è poi così curioso che gli emendamenti scritti da Cartabia sulla base di quella relazione andranno — «a brevissimo», come ribadito dalla guardasigilli — in Consiglio dei ministri. Il motivo del passaggio solenne a Palazzo Chigi riguarda sì l’enfasi necessaria per dissuadere i 5 stelle dal loro no a oltranza sulla prescrizione, ma è anche in quella definizione di Lattanzi: è un lavoro «sistematico» appunto. Non una revisione parcellizzata ma quasi una nuova riforma. Da sottoporre ai ministri come se fosse un ddl.Le parole pronunciate dal presidente della commissione di studio ricordano anche la portata dell’impegno riformatore assunto da Cartabia. Grazie alla “forzatura” sugli emendamenti al penale, la guardasigilli confida di ottenere l’ok in commissione alla riforma almeno per luglio. Superata quella fase, confida, in Aula si andrà in discesa. E forse è così. Ma sempre «prima dell’estate», ha ribadito ieri Cartabia in un convegno all’università Roma Tre, arriveranno a Montecitorio anche gli emendamenti governativi alla riforma del Csm. «Prima dell’estate» è una crasi che vuol dire “prima della pausa agostana”. E incardinare le modifiche alla riforma delle toghe vuol dire mettere sui binari un altro convoglio, che non potrà viaggiare lento, seppure dovrà per forza venire dopo il penale. Nel caso del ddl sul Csm, l’urgenza non ha a che vedere direttamente con le richieste Ue a garanzia del Piano d Ripresa («abbattere la durata del processo del 40% nel civile e del 25% nel penale», come ripetuto sempre ieri dalla ministra). La riforma dell’ordinamento giudiziario è però un indiretto pungolo per quel penale complicato dalla ritrosie dei cinquestelle. Il testo sul Csm va approvato in via definitiva, almeno per la parte relativa alla delega, entro la primavera 2022, quando si dovranno eleggere i togati del nuovo plenum. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato chiaro, infatti, nel ricordare che il prossimo Consiglio superiore andrà scelto con regole diverse da quelle che hanno prodotto la “correntocrazia”. Non si discute. La tempistica della giustizia non rispetterà dunque in modo svizzero la tabella del Recovery, ma neppure sta per materializzarsi un clamoroso ritardo: c’è solo uno slittamento di alcuni mesi. Oltretutto la ministra ricorda il concorso previsto a metà luglio per assumere altri 310 magistrati, l’ulteriore bando per le toghe in autunno e l’assunzione, «sia pur a tempo determinato», dei «16.500 giovani giuristi» che irrobustiranno l’ufficio del processo. Si aggiungono interventi normativi su «giustizia tributaria, crisi d’impresa e magistratura onoraria».Quest’ultimo dossier è tra i più impegnativi. Ne ha parlato ieri anche il magistrato a cui Cartabia ha affidato la specifica commissione di studio, Claudio Castelli: il presidente della Corte d’appello di Brescia ha spiegato che i lavori del suo gruppo di esperti procedono «serrati e spediti», e che la proroga al 21 luglio appena stabilita è necessaria per «approfondire trattamento e previdenza della magistratura onoraria attraverso una indispensabile interlocuzione con Inps e ministero del Lavoro». Sono in gioco miliardi, e le coperture vanno misurate con precisione. Andrebbe ricordato come in tre anni la legislatura non abbia avuto la produttività mostrata in questi tre mesi dall’attuale governo. Che certo, ha confermato alcune esasperazioni efficientiste sulla riforma del processo civile, la più avanzata in Parlamento (è al Senato) ma anche la più criticata dall’avvocatura. Sul penale, il sottosegretario Francesco Paolo Sisto ha detto, in videocall con l’audizione di Lattanzi, che la proposta emendativa del presidente emerito contiene «una rivoluzione copernicana, che attua finalmente il codice Pisapia-Vassalli». Nell’incontro di ieri in commissione Giustizia, le stilettate sono venute più da un ex grillino come Andrea Colletti che dai deputati del Movimento: a riprova di quanto la rigidità di Giuseppe Conte e Alfonso Bonafede sulla prescrizione derivi soprattutto dal timore di vedersi “lapidati” dai fuoriusciti. Lattanzi, per la cronaca, ha replicato con assoluta pacatezza («sono visioni diverse, non ho nulla da dire») alle insistenze con cui Colletti chiedeva «di mettere alla prova la riforma della prescrizione» prima di cambiarla. Cartabia dovrebbe proporre in Consiglio dei ministri il combinato fra la legge Bonafede, che resterà in vigore, e l’“ipotesi B” di Lattanzi, declinata secondo l’impostazione dem, sulla “prescrizione processuale”, che estingue il giudizio in appello se i tempi di fase sono sforati. Il responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa definisce «una schifezza» l’ostinazione del M5S sul “fine processo mai”. Il capogruppo dem Alfredo Bazoli gli ribatte che «si rema tutti nella stessa direzione». In realtà la soluzione proposta dal Pd concede ai grillini un argine alle prescrizioni determinate dalla tardiva emersione dell’ipotesi di reato: il punto di forza politico della proposta è quello. D’altra parte il peso del fronte garantista è sempre più forte e non può essere ignorato negli equilibri di maggioranza: nei prossimi giorni proprio Costa, insieme con esponenti di quasi tutti i partiti incluso il Pd, lancerà un nuovo portale web, presuntoinnocente.com, che punta a essere l’architrave di un’aggregazione politica favorevole alla svolta nella giustizia. E solo per avere idea della prateria a disposizione per un simile schieramento, la deputata di Coraggio Italia Manuela Gagliardi ieri ha ricordato che alla Camera giace pure la legge dei penalisti sulla «separazione delle carriere». E vero che c’è il referendum, ma se fosse possibile, i deputati manderebbero la legislatura ai supplementari.