Anche gli avvocati rischiano di finire «in quel mare di disperazione che spesso caratterizza la società italiana», per questo bisogna tutelarli «con una legge sull’equo compenso» dallo strapotere «di banche e assicurazioni». Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ne parla in un’intervista pomeridiana su La 7, durante il programma “Tagadà”. A prima vista può sembrare un intervento da guardasigilli, specifico e di settore. Ma è anche una dichiarazione politica, con un suo peso in ottica primarie: il ceto medio irrompe dunque nella discussione sul futuro del Pd in una forma inedita. «Ci rendiamo conto che se gli avvocati diventano poveri chi tutela i diritti rischia di non riuscire più a farlo?», si chiede Orlando. Che esorta a «fare qualcosa». E spiega: «Io ho proposto una legge per l’equo compenso, per evitare che le grandi assicurazioni o le grandi banche strozzino dei ragazzi che si sono messi sul mercato e cercano di fare la professione».

Il ddl è già all’attenzione di Gentiloni. Sarà varato in una delle prossime riunioni del Consiglio dei ministri. Il guardasigilli indica il punto chiave del provvedimento: il rapporto con i grandi committenti. Che impongono spesso clausole vessatorie e compensi irrisori agli avvocati, soprattutto ai giovani. Nell’articolato, onorari ridotti all’osso e condizioni da caporalato intellettuale producono la parziale nullità del contratto: il professionista non perde la commessa ma può vedersi riconosciute condizioni più decorose. Secondo Orlando assicurare una tutela per i professionisti a rischio sfruttamento significa garantirla anche a «quelli che loro devono tutelare». Il ministro della Giustizia chiama in causa un’altra categoria intellettuale esposta a condizioni di lavoro ( e retributive) spesso indegne: quella dei giornalisti. Si rivolge alla conduttrice de La 7 e si chiede se «si può andare avanti con dei ragazzi che guadagnano pochi euro per scrivere un pezzo: saranno in grado di raccontare in modo libero la realtà che hanno intorno? Questo non è un problema solo per loro», nota, «ma anche per chi legge e si deve formare un’opinione».

Si parla dunque di ceto medio e di avvocati nel pieno di una discussione, quella sul futuro del Pd, che finora aveva affrontato il tema in modo solo occasionale. È evidente come il ministro della Giustizia intenda cogliere nel disagio delle professioni una contraddizione dell’idea riformatrice di Renzi, e nello stesso tempo un modo per arginare i partiti antisistema. «Se noi non siamo in grado di far stare più sicuri, più tranquilli, con una visione più serena del futuro, pezzi di società, alla fine questi pezzi di società saranno conquistati dal populismo e dalla paura», dice infatti il guardasigilli. Inevitabilmente il responsabile del dicastero di via Arenula si troverà a intrecciare spesso la sua attività istituzionale con la campagna per le primarie. Riguardo alla prima, ieri è intervenuto al question time per ricordare tra l’altro che «casi come quello dello stupro prescritto a Torino si evitano con una cultura giudiziaria che dia prorità alla trattazione dei casi più gravi». In proposito ci sarebbe qualcosa anche nella «auspicata riforma del ddl penale». Che è tornata in commissione e che, al ritorno in aula, costringerà per un po’ Orlando a dismettere quasi del tutto le vesti da aspirante segretario dem per riassumere in via esclusiva quelle di ministro.