«E no, non è soltanto un provvedimento che tutela dei professionisti. Attenzione: la legge sull’equo compenso ha un valore strategico generale. Perché occuparsi del ceto medio, del suo impoverimento, vuol dire mettere al riparo la democrazia stessa dal rischio di slittamenti populisti e da una pericolosa perdita di tenuta sociale». Andrea Orlando non smentisce la propria vocazione a guardare le questioni sempre in un’ottica il meno possibile nazionale e polverizzata. Tiene fede all’idea anche con il ddl sull’equo compenso nelle prestazioni legali, varato lunedì scorso, su sua proposta, in Consiglio dei ministri e presentato subito dopo in conferenza stampa con il presidente del Cnf Andrea Mascherin. Già nell’incontro con i giornalisti il ministro della Giustizia aveva richiamato la necessità di «contrastare delle vere e proprie forme di caporalato intellettuale». Lo fa di nuovo in questa lunga intervista in cui spiega la valenza del testo varato tre giorni fa e di nuovo si ricollega al più generale tema delle professioni mortificate, dello strabordare dei poteri forti. E soprattutto, il guardasigilli chiede che ci sia «una corsia preferenziale in Parlamento affinché la legge sull’equo compenso sia approvata: anzi, faccio un appello alle forze politiche per un’ampia convegenza sul testo».

Ministro Orlando, sottopagare gli avvocati probabilmente non è solo iniquo, è anche disfunzionale: peggiora la qualità delle prestazioni e quindi di interi processi economici. Com’è che la fede nelle liberalizzazioni e nella concorrenza al ribasso ha fatto chiudere gli occhi su tutto questo?

E non mi pare sia il solo danno prodotto dall’ideologia della competenza senza regole. Vediamo tutti qual è la portata delle catastrofi provocate dalla finanza. Abbiamo sotto gli occhi le conseguenze negative che un certo modello di economia ha determinato a 360 gradi. Oggi si scopre che un mercato senza regole crea più danni di quanti problemi presuma di risolvere.

Mortificazione e depauperamento delle professioni erano insomma scritte nella deriva di questi anni.

Si tratta di un fenomeno da ascrivere alla sbornia di una stagione in cui non si potevano più nemmeno pronunciare parole come ‘ regole’, ‘ Stato’ o ‘ programmazione’. Con la crisi del 2008 si è arrivati all’epilogo di una fase che ha fatto danni evidenti.

Lei ha parlato di deresponsabilizzazione degli avvocati come conseguenza della loro mortificazione economica: qui il danno è anche al diritto di cittadinanza, visto che gli avvocati mediano tra i cittadini e i loro diritti?

È un danno complessivo e collettivo, certo. La professione forense non assicura un semplice servizio, non garantisce mere utilità: svolge un’attività che è il presupposto per la tutela di diritti fondamentali, per la difesa della persona in tutti i suoi aspetti. È proprio uno degli elementi che si sono smarriti nella temperie di cui parlavo prima. Ci si era persuasi che tutto fosse riducibile a questioni economiche e tutto si potesse risolvere con la concorrenza. Invece il tema della qualità non può essere risolto con l’affidamento cieco al mercato. Se si creano posizioni forti e posizioni deboli, e i forti contraggono i fattori e non remunerano i costi, la ricaduta inevitabile è appunto la perdita di qualità.

Vuoi vedere che la difesa del ceto medio diventa un tema del centrosinistra?

Guardi, l’indebolimento del ceto medio fa maturare sicuramente anche una consapevolezza nuova nella mia parte politica. Naturalmente non possiamo pensare di lanciare anatemi contro la globalizzazione, il cui impatto va governato. Così da un lato è giusto mettere in campo norme come quella sull’equo compenso, dall’altro si lavora per un aumento della qualità e dell’offerta professionale. C’è sicuramente una terza via tra chiusure corporative e ingiustificato ottimismo liberista, ed è quella che il centrosinistra deve percorrere.

L’Ue potrebbe obiettare che il ddl sull’equo compenso reintroduce seppur indirettamente le tariffe minime?

No, non considero una simile eventualità. Le clausole che questo ddl individua come vessatorie sono soggette a nullità in nome della trasparenza del mercato. Vogliamo contrastare forme di sfruttamento e caporalato nel lavoro intellettuale. L’obiettivo è questo, non l’alterazione tra domanda e offerta. Non vedo dunque come potrebbero arrivare obiezioni dall’Unione europea.

Sul Sole- 24Ore un commento ha riconosciuto che il ddl può essere un punto di equilibrio: vuol dire che neppure la grande impresa si opporrà?

Le grandi imprese hanno interesse a non trovarsi con una qualità delle prestazioni che si abbassa in modo verticale. La tutela della dignità del professionista dovrebbe appartenere a una visione lungimirante del sistema produttivo. Dopodiché questa lungimiranza non sempre c’è stata: in particolare nel campo delle cosiddette cause seriali, si è assistito a un contrarsi della retribuzione che ha favorito la concorrenza al ribasso, una spirale da cui tutti escono indeboliti. Proprio perché non sempre, tra le grandi imprese, la lungimiranza è virtù diffusa, abbiamo pensato alla legge sull’equo compenso.

Il presidente del Cnf Mascherin ha parlato di ricatto nei confronti di professionisti e ceto medio: condivide un’espressione simile?

Se non la condividessi non avrei lavorato a questo testo. C’è un fenomeno che riguarda tutto l’Occidente ed è proprio quello di uno schiacciamento del ceto medio nel mercato globale. Uno scaricarsi dei costi da parte dei grandi soggetti nei confronti di quel pezzo di società. E una delle prime conseguenze dell’impoverimento e della proletarizzazione del ceto medio è nelle difficoltà della stessa vita democratica. È quel processo che crea l’humus favorevole ai populismi, alla risposta rabbiosa. Ecco perché tutelare il ceto medio significa tutelare anche la tenuta sociale e democratica. Crede che abbia risposto in modo esauriente alla sua domanda?

Perché lo chiede?

Perché l’emergenza sociale e democratica spiega un’altra cosa: ossia la ragione per cui il ddl sull’equo compenso ha una valenza strategica generale. Non si tratta solo di tutelare dei professionisti, ma di attuare una politica per i ceti medi che è politica della democrazia.

All’inaugurazione dell’anno giudiziario del Cnf, Mascherin ha evocato un forte impegno civile, politico dell’avvocatura. Crede che alla crisi dei partiti si possa rimediare anche con la maggiore consapevolezza delle categorie professionali?

Non credo che i partiti possano essere sostituiti e non credo che le categorie possano avere ambizioni di rappresentanza generale, però una cosa è certa: l’idea che il mercato e la società avrebbero funzionato meglio smantellando i corpi intermedi si è rivelata infondata. E negli ultimi tempi si è diffusa una consapevolezza civile anche in un settore tradizionalmente poco propenso a rinnovarsi come quello degli ordini professionali. L’avvocatura ha compiuto passi avanti rispetto a precedenti chiusure corporative: non potrà svol- gere un funzione generale, ma sicuramente può alzare la testa e lo sguardo. Ed evitare così di contribuire a una dinamica di chiusura sociale.

L’avvocatura dice: il ddl sull’equo compenso va bene così, meglio evitare attività dispersive in Parlamento.

Il ddl è stato lungamente preparato, è un’elaborazione matura. Vedremo in che modo si interverrà per altre categorie. Ma per queste ultime la proposta va affinata, qui invece sono stati individuati i soggetti a cui destinare le norme, i meccanismi: è importante portare a casa il risultato. Anche perché si tratterebbe di un precedente che consentirebbe proprio di aprire la strada per le altre professioni.

Potrà esserci una corsia preferenziale in Parlamento, per l’equo compenso?

Credo proprio di sì: è una normativa abbastanza snella su cui c’è ampia condivisione. Anzi, voglio essere chiaro: sono favorevole a una corsia preferenziale per il ddl sull’equo compenso nelle prestazioni legali e rivolgo un appello alle forze politiche per un’ampia convergenza sul provvedimento.

Banche e assicurazioni inarcheranno le sopracciglia, ma la maggioranza deve anche dare risposte ai professionisti in vista del giudizio elettorale: o no?

Una norma del genere può senz’altro essere parte della risposta, che va assolutamente data, alle difficoltà nei rapporti tra i partiti, maggioranza inclusa, e i ceti medi, in particolare le giovani generazioni.

Altro capitolo, i parametri forensi: è disponibile alla razionalizazione proposta dal Cnf?

Se c’è un’ipotesi condivisa non credo si possano incontrare difficoltà. Parliamo di un decreto ministeriale, non di passaggi in Parlamento.

E sulle modifiche alla disciplina del patrocinio a spese dello Stato?

Il confronto è aperto e siamo disponibili anche qui, consapevoli che si tratta di un tema molto delicato.

In questi suoi anni al ministero è stato utile il confronto col Cnf?

È stato un rapporto utile e importante. Ho voluto che non fosse esaustivo perché ho ritenuto necessario anche coltivare un confronto con l’associazionismo forense e non solo con la rappresentanza istituzionale. Ma quest’ultima è fondamentale sia per la qualità tecnica che è in grado di mettere in campo, sia per le risposte che i vertici del Cnf hanno cercato di dare in questi anni di fronte a una fase non semplice per l’avvocatura.

L’avvocatura italiana, il 14 settembre, si ruinirà a Roma con quelle degli altri “grandi” per il primo G7 dell’avvocatura sul tema del linguaggio d’odio nel web: è questa la risposta da opporre al fenomeno?

Ne sono convinto. Sarò presente al G7 dell’avvocatura e come ministro sono consapevole che un tema simile vada affrontato da soggetti non governativi. Se a farlo sono le istituzioni, ogni risposta finisce per suonare come una censura. Credo ci sia ampio spazio per un impegno delle rappresentanze professionali, sia riguardo alle fake news che alla propaganda d’odio, a maggior ragione a livello di G7. Anche perché ormai gran parte dei temi che siamo chiamati ad affrontare nel campo del diritto sono sovranazionali. Una rete fra le avvocature è un fatto assolutamente positivo proprio perché è sempre più limitata la possibilità di offrire a livello nazionale risposte ai problemi che riguardano i cittadini e la loro stessa sicurezza.