Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha chiesto "chiarimenti" sulle parole del consigliere togato del Csm Piergiorgio Morosini, contenute in un articolo pubblicato stamane dal Foglio. Lo ha reso noto duramte la riunione, in plenum, del Csm il vice presidente, Giovanni Legnini, sottolineando che il guardasigilli gli ha chiesto un "incontro formale per avere chiarimenti sulla vicenda. Non mancherò di riferirgli questo dibattito", ha aggiunto il numero due di palazzo dei Marescialli. Morosini ha smentito il contenuto dell'intervista in cui avrebbe annunciato di partecipare attivamente alla campagna per il "No" al referendum costituzionale e avrebbe detto che Renzi va fermato: "Bisogna guardarsi dal rischio di una democrazia autoritaria. Un rapporto equilibrato tra Parlamento e organi di garanzia va preservato. Per questo occorre votare No ad ottobre". Quindi l'obiettivo è lo stop a Renzi, anche se Morosini precisa che "non vedo l'ora di tornare in trincea", riferendosi al suolavoro da magistrato.ORLANDO"Ho chiesto un chiarimento - ha precisato Orlando a margine di un convegno - al vice presidente del Consiglio superiore della magistratura perché, se alcune di quelle parole risultassero confermate, sarebbero in aperto contrasto con lo spirito di leale collaborazione che fino a qui ha ispirato i rapporti tra governo e Csm. Il quotidiano, aveva riportato una dichiarazione che sottolineava l'esistenza del "rischio di una deriva autoritaria". LA SMENTITAImmediata la smentita del consigliere togato, Morosini: "Non ho mai rilasciato l'intervista alla cronista del Foglio. Si è trattato solo di un colloquio informale, presso la sede del Csm, in merito ad un'inchiesta che la giornalista sta facendo su Magistratura democratica. Mi sono state attribuite delle affermazioni che non ho mai fatto e dalle quali prendo con nettezza le distanze. Prima fra tutte quella che dà il titolo all'intervista: non ho mai detto “Renzi va fermato”". LA POLEMICAMa il chiarimento di Morosini non è bastato a placare gli animi. Il vicepresidente del Csm, Legnini, è intervenuto duramente: sono "inaccettabili" gli "attacchi ad esponenti di governo e parlamento: noi pretendiamo rispetto delle nostre funzioni e prerogative, ma nel momento in cui lo pretendiamo, dobbiamo innanzitutto assicurarlo noi, nonostante un diritto sacrosanto di critica, anche dura".Sulla smentita Legnini ha affermato di ritenere che "quanto Morosini ha detto sulle modalità di quel colloquio corrisponde al vero: non ho motivo di dubitarne, perchè lo ha detto con sofferenza e con nettezza". Il vicepresidente del Csm ha affermato che parlerà con il Capo dello Stato della discussione avvenuta oggi in plenum ed ha ribadito con forza "l'impegno a garantire l'autonomia del Csm e la trasparenza dell'esercizio delle nostre funzioni: rappresentare il Csm come un fortino assediato dall'esterno è assolutamente falso. Nessuno di noi ha mai subito pressioni esterne, indebite. Sono fortemente impegnato a respingere qualunque tipo di ingerenza".LE PAROLE DI CANZIOIl più duro di tutti è il primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, che ha espresso la "profonda delusione" perché "non è stato ascoltato l'accorato appello all'osservanza dei doveri di riservatezza, discrezione, sobrietà nei rapporti con la stampa ed i media" e "totale dissenso nel merito dei giudizi espressi nell'intervista, ovviamente se corrispondenti alle parole effettivamente pronunciate dal consigliere Morosini, che le ha smentite". "La delegittimazione generale, da parte di un componente togato del Csm - rileva Canzio - dei rappresentanti di altri poteri dello Stato, la denigrazione di singole figure di magistrati, anch'essi servitori dello Stato, il mancato rispetto del ruolo e dell'attività di questo Csm: ebbene, tutto questo - osserva il primo presidente della Suprema Corte - indebolisce il tessuto della nostra democrazia, pregiudica la credibilità delle istituzioni repubblicane, lede l'immagine di indipendenza e autonomia della magistratura e del Csm, incrina la fiducia dei cittadini nella magistratura".