La triste vicenda di Alfie Evans, il bimbo inglese di due anni affetto da una grave malattia neurovegetativa e attualmente ricoverato all’Alder Hey Hospital di Liverpool, fa discutere anche i magistrati italiani ed irrompe al Consiglio superiore della magistratura.

A raccogliere le istanze della base delle toghe fortemente critica contro la decisione dei giudici inglesi di interrompere le cure al piccolo è stato il consigliere del Csm eletto nella fila di Magistratura indipendente Claudio Galoppi, già giudice penale del Tribunale di Milano. I temi etici sono particolarmente sentiti da Mi, la corrente conservatrice della magistratura, che rivendica da sempre la necessità di non piegare il diritto a scelte ideologiche.

Consigliere Galoppi, giovedì scorso in plenum è stato autore di un intervento che non ha molti precedenti: ha portato all’attenzione dell’organo di autogoverno della magistratura la vicenda di Alfie Evans. Quali le ragioni di questa sua presa di posizione?

Ho ritenuto mio dovere di consigliere del Csm di farmi rappresentante e portavoce degli innumerevoli magistrati italiani che non hanno condi- viso la decisione della giustizia inglese di interrompere le cure per Alfie.

La sua iniziativa è stata condivisa in maniera trasversale da tutti i consiglieri del Csm. È riuscito a trovare un punto di convergenza, fatto che capita molto raramente, fra i vari gruppi associativi della magistratura.

Il diritto alle cure e alla scelta delle cure è un diritto primario e fondamentale che si ricollega naturalmente al diritto alla salute e, ultimamente, alla libertà. Su questo non credo si possa transigere o essere in disaccordo.

Cosa risponde a chi invece parla di accanimento terapeutico per Alfie?

Rispondo semplicemente che illustri rappresentati del mondo scientifico nazionale ed internazione hanno escluso che curare Alfie sia una forma di “accanimento terapeutico”. Ad Alfie vanno garantire queste cure che sono fondamentali per la vita.

Come hanno motivato i giudici inglesi l’interruzione

delle cure?

Con il “best interest” che è stato posto a fondamento della loro decisione. Nella sentenza dei giudici inglesi che ha imposto l’interruzione delle cure sarebbe questo il vero motivo. È una decisione che non possiamo condividere come cittadini europei. È una sentenza che rappresenta la negazione dei diritti.

Alfie è diventato da qualche giorno un cittadino italiano.

Esatto. Alfie è un cittadino italiano la cui esistenza è in pericolo.

Cosa è possibile allora fare?

Come cittadino italiano, come magistrato, come componente del Csm chiedo e auspico che si attivino tutti gli strumenti possibili di intervento per garantirgli il diritto alla vita.

E in caso, speriamo di no, la situazione dovesse precipitare?

Auspico che ci sia tutela anche in sede penale per questa uccisione legalizzata.

Chi dovrebbe raccogliere il suo auspicio?

Per i reati commessi all’estero la competenza è della Procura della Repubblica di Roma. Mi auguro, però, non si debba arrivare a tanto. La decisione dei giudici inglesi, lo voglio ricordare ancora una volta, è completamente incongrua. Nell’Europa dei diritti non è possibile assistere a questa deriva liberticida.