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«In nome del popolo italiano, la Prima Corte di Assise di Appello di Roma, visto l'art. 605 cpp, in riforma della sentenza della Corte di Assise di Roma in data 5 maggio 2021, appellata da Natale Hjorth Gabriel e Elder Finnegan Lee, riconosciute ad entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti di cui al capo n. 2 della rubrica, ridetermina la pena in anni 22 di reclusione per Natale Hjorth Gabriel e in anni 24 di reclusione per Finnegan Lee Elder (...) Motivazione in 90 giorni». Si chiude così, alle 14: 40 di ieri pomeriggio, il secondo capitolo della vicenda giudiziaria per la morte del vicebrigadiere Cerciello Rega. Dopo appena tre ore di Camera di Consiglio, il Presidente Andrea Calabria ha letto la sentenza alla presenza dei due giovani imputati statunitensi che vedono così ridotta la pena, che in primo grado era stata dell'ergastolo. Con questa decisione regge l'impianto accusatorio del Procuratore Saveriano, anche se aveva chiesto la conferma del carcere a vita per Finn e 24 anni per Hjorth. Il carabiniere Andrea Varriale, nonostante tutto, è stato dunque ritenuto credibile dalla Corte: lui e Cerciello hanno mostrato i tesserini e si sono qualificati dinanzi ai due giovani quella maledetta notte del 26 luglio 2019. La vicenda è nota: i due ragazzi, in vacanza in Italia, erano andati all’appuntamento con Sergio Brugiatelli, mediatore di un pusher, al quale avevano sottratto lo zaino dopo uno scambio di droga finito male, per poi trovarsi davanti due uomini, i carabinieri Varriale e Cerciello Rega, chiamati ad incontrarli per recuperare lo zaino. Durante l'appuntamento a Prati nasceva una colluttazione e Elder pugnalava per undici volte Rega. Al termine dell'udienza abbiamo raccolto fuori dall'aula le dichiarazioni degli avvocati. Per Renato Borzone, legale di Finn, la sentenza rappresenta «un compromesso, e noi non amiamo i compromessi. Come diceva Manzoni ' il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare'. Non si è avuto il coraggio di guardare gli atti processuali. E questo è un ulteriore segno sinistro della giustizia italiana. La pena è stata moderata ma i giudici hanno avuto paura, perché in Italia c'è ancora la prova legale che la parola di un falsario prevale sulla realtà dei documenti». Il riferimento è sempre a Varriale, ritenuto un «mentitore» da Borzone, tanto è vero che ieri, durante la sua controreplica, ha depositato una memoria con le «53 bugie» del militare dell'Arma. Per l'altro legale di Finn, Roberto Capra, «la sentenza cambia sotto il profilo della pena: è un miglioramento ma restano le critiche che noi abbiamo mosso all'impianto accusatorio. Andremo avanti fin quando l'ordinamento ce lo consente per sostenere quello che il nostro assistito ha sempre detto e cioè che non sapevano che erano carabinieri. Questa è la verità di cui siamo fermamente convinti». Amareggiato l'avvocato di Natale, Francesco Petrelli: «questo è un primo passo verso il riconoscimento dell'estraneità del nostro assistito al fatto. Però non nascondo la mia delusione per una decisione profondamente ingiusta che supera a mio avviso quelli che sono i limiti della prova dalla quale emerge che si trattava di un fatto non solo imprevisto ma anche imprevedibile per cui Gabriel non poteva essere chiamato a rispondere». Analisi ovviamente opposta quella del legale del carabiniere collega di Cerciello, Roberto Borgogno, che ci dice: «la sentenza conferma la piena attendibilità di quanto detto da Varriale. Essa è stata messa in dubbio durante il processo con evidente insuccesso da parte delle difese. Per noi la verità è quella affermata da Varriale. Se gli imputati sin da subito l'avessero riconosciuta, questi risultati davvero gravi per loro non si sarebbero realizzati». Fuori dalla Corte poi hanno parlato i familiari, coloro che, anche se su fronti completamente opposti, rappresentano il dramma della perdita. Quella infinita di un marito e quella immensa di un figlio che bisogna poi lasciare andare in una cella di un carcere in un Paese straniero a migliaia di chilometri di distanza dalla sicurezza di casa propria. Rosa Maria Esilio, vedova di Cerciello Rega, ha detto: «Il sacrificio di mio marito non deve essere dimenticato: un servitore dello Stato ucciso nel momento più felice della sua vita. Il dovere della memoria non è solo di noi familiari ma è di tutti». Mentre il padre di Finn, Ethan Lee Eder, è stato molto duro proprio contro Varriale: «Io penso che sappiamo per certo che Varriale ha mentito 53 volte durante le indagini. Mio figlio non è stato altro che onesto. Ha detto esattamente cosa è successo. Invece quest'uomo ha mentito: è un bugiardo». Ieri mattina, al termine delle controrepliche, suo figlio aveva preso la parola e, grazie all'italiano imparato in carcere, si era rivolto alla Corte e alla famiglia della vittima: « Oggi ho 22 anni e dopo tre anni di carcere ho avuto tempo per meditare questo pensiero. Provo rimorso per il dolore che ho provocato e porgo le mie sentite condoglianze alla famiglia di Cerciello Rega. Sono consapevole che stanno vivendo un lutto senza fine, sono sempre nei miei pensieri. Come lo è l’Arma: non sapevo che fossero carabinieri. Chiedo perdono alla famiglia: lo scontro c’è stato, l’ho colpito ma vorrei tornare indietro per non provocare tanta sofferenza». E ha concluso: «La mia storia è stata sempre la stessa dall’inizio perché quella è la verità. Accetto la mia responsabilità e confido che mi sia assegnata la mia quota di responsabilità». Negli stessi momenti in cui veniva pronunciata la sentenza, paradossalmente, due testimoni del processo di primo grado venivano rinviati a giudizio per falsa testimonianza. E allora cosa rimane per ora di questa vicenda, in attesa della Cassazione? Nessuno mette in dubbio che Elder abbia pugnalato Cerciello ma a noi resta quel ragionevole dubbio che la Corte invece ha rifiutato: davvero si sono qualificati come carabinieri? Se i giudici avessero condiviso la stessa perplessità e non avessero trovato una risposta certa avrebbero dovuto riconoscere come inesistenti le aggravanti, permettendo l'accesso al rito abbreviato e lo sconto di un terzo della pena. Ma soprattutto avrebbero smentito Varriale. La Corte non ha avuto questo coraggio di cui parlava Borzone: l'Arma non ne sarebbe uscita bene.