A distanza di tre anni, la riforma delle intercettazioni telefoniche voluta dall’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando è stata approvata nel 2017 ed il suo avvio più volte prorogato, le Procure non hanno ancora ultimato i lavori per la nuova disciplina degli ascolti. I procuratori di Milano Francesco Greco, di Napoli Giovanni Melillo, di Firenze Giuseppe Creazzo, di Palermo Francesco Lo Voi e del facente funzioni di Roma Michele Prestipino, hanno chiesto nelle scorse settimane ad Alfonso Bonafede chiarimenti. Oltre agli aspetti  relativi al regime transitorio per regolare l’attività già in corso di pm e polizia giudiziaria, il punto nevralgico è relativo alla formazione del personale e all’adeguamento delle misure organizzative da attivare nelle Procure per gli apparati elettronici e digitali.Si segnalano, dopo anni, ritardi sulle forniture delle dotazioni informatiche da parte del Ministero della Giustizia. Le imprese del settore, circa 150, fatturano quasi 300 milioni di fatturato per 198 mila “interventi operativi effettuati” annualmente. Nei rapporti con le società di intercettazione non esistono linee guida nazionali, ogni Procura si regola come meglio crede, quasi sempre affidandosi alle scelte della polizia giudiziaria. L’assenza di un albo o un’Authority di controllo fa si che i prezzi siamo molto differenti fra loro. Da anni i procuratori chiedono al  Ministero della Giustizia di fornire un elenco di società selezionate e certificate in modo da non avere responsabilità in caso di gestione non corretta del servizio.Sul prezzario nazionale  esiste  un apposito tavolo di lavoro. Molto dovrebbe cambiare  in vista del processo penale telematico.  Al momento, comunque, il Ministero sta  procedendo  presso le sedi delle Procure con l’installazione di server ministeriali per  innalzare ulteriormente i livelli di sicurezza dei sistemi informativi.