Il Partito Radicale e Nessuno tocchi Caino esprimono solidarietà e sostegno al Capo del Dap Santi Consolo così come apprezzamento per la decisione del ministro Andrea Orlando di riconfermarlo. Per Rita Bernardini, Antonella Casu, Sergio d’Elia e Maurizio Turco coordinatori della Presidenza del Partito Radicale, il Presidente Santi Consolo è persona integerrima, un servitore dello Stato coraggioso che, nonostante gli ostruzionismi all’interno dell’amministrazione, ha fatto e fa di tutto per far corrispondere l’esecuzione penale al dettato costituzionale e alla finalità rieducativa della pena.

Richiedere la sua rimozione – come hanno fatto in una conferenza stampa di ieri il senatore Tito Di Maggio ( Direzione Italia), con la senatrice della Lega Erika Stefani, il segretario generale del Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria ( Sappe) Donato Capece e la presidente dell’Associazione vittime del dovere Emanuela Piantadosi - significa non aver compreso il senso di un processo di mutamento dell’amministrazione penitenziaria perché sia improntata alla tutela dei diritti umani di tutta la comunità penitenziaria, fatta di detenuti, agenti, comandanti, direttori, educatori, psicologi ed assistenti sociali.

Pensare di garantire la sicurezza dentro, come fuori dal carcere, perseguendo esclusivamente le logiche securitarie, magari quelle rappresentate dai vertici ( e sottolineiamo i vertici, non certo la base degli iscritti) di una singola sigla sindacale come quella del Sappe, significa voler abbandonare il carcere nelle mani di pochi, facendone un luogo chiuso, in cui l’assenza di trasparenza favorisce abusi e comunque priva di speranza chi ci vive e vi opera.

Quanto ai “vertici” del Sappe consigliamo di chiedere chiaramente e con fermezza il rinnovo del contratto di lavoro degli agenti scaduto da anni e l’equiparazione del Corpo dei Baschi blu alle altre forze di polizia, ponendo fine ai distacchi di una ristretta cerchia di privilegiati e di non coprire mai il comportamento di quell’estrema minoranza di agenti che, usando metodi illegali come le celle lisce e i pestaggi, mettono a rischio la condotta esemplare dell’intera categoria vessata da turni massacranti, contratti non rispettati, lontananza dai familiari e dai luoghi di residenza. Non è certo un caso che proprio fra la polizia penitenziaria si registri il più alto tasso di suicidi fra le forze dell’ordine.