La Corte Europa di Strasburgo ha comunicato al governo il ricorso presentato dalla famiglia di Chouchane Hafedh, uno degli otto detenuti morti a marzo 2020 durante la rivolta scoppiata nel carcere di Modena. Si è quindi superato il primo vaglio e aperta la fase di pre-contenzioso, che si concluderà il 21 dicembre.La famiglia di Chouchane è assistita in questa iniziativa dall'avvocato Luca Sebastiani e dalla professoressa Barbara Randazzo. Tutto nasce dall'archiviazione a Modena del fascicolo penale - che ipotizzava l'omicidio colposo e morte e lesioni come conseguenza di altro delitto - dopo che le autopsie avevano rilevato in overdose da metadone e psicofarmaci le cause delle morti. I legali hanno presentato il ricorso direttamente alla Cedu, poi è seguito un filtro iniziale. Si tratta di un iter complesso che coinvolge gli esperti della cancelleria che verificano se ci sono gli estremi delle violazioni. Il ricorso ha superato questo filtro ed è stato registrato, fino ad arrivare alla realizzazione del secondo passo: la comunicazione al governo italiano. Ora si avvierà il contraddittorio ed è l’occasione per conoscere in che modo il governo intende difendersi dalle doglianze. Per gli altri otto detenuti morti, ricordiamo, è stato presentato il ricorso alla Cedu da parte dell’avvocata Simona Filippi di Antigone. Nel frattempo a Modena sono state aperte altre inchieste, dopo esposti di detenuti, anche per il reato di tortura. Come anticipato da Il Dubbio il 31 marzo scorso, dalle testimonianze di alcuni detenuti raccolti dalla procura, emergerebbe che nel carcere Sant’Anna, il giorno della rivolta ,diversi detenuti sarebbero stati ammassati in una stanza: obbligati con lo sguardo a terra, alcuni sarebbero stati denudati con la scusa della perquisizione, e via a una violenta scarica di manganellate e ceffoni. Dalle testimonianze raccolte emergerebbe un vero e proprio massacro che ha luogo in un locale situato in un casermone attiguo al carcere di Modena, prosegue durante il viaggio notturno in pullman e non si esaurisce quando i detenuti giungono al penitenziario di Ascoli Piceno. Tanti di quei reclusi denudati e picchiati nel casermone dell’istituto carcerario Sant’Anna di Modena erano già in stato di alterazione dovuto da mega dosi di metadone assunte durante la rivolta dell’8 marzo 2020. Tutte le testimonianze raccolte convergono su una vera e propria “macelleria messicana”, tanto che – come ha testimoniato un detenuto – c’è stato un agente penitenziario, una volta entrato nella stanza del casermone, che avrebbe urlato: «Adesso facciamo un altro G8!». Il ricordo va inevitabilmente ai terribili fatti della scuola Diaz avvenuti a Genova nel 2001, quando la polizia fece irruzione e al grido «Adesso vi ammazziamo», picchiò i ragazzi del coordinamento del Genoa Social Forum.