«Penso al liceale che ero, quando ho iniziato la mia militanza nei radicali. È con questo spirito che vorrei lanciare la candidatura del generale Mario Mori, perché diventi un testimone di che cosa è la giustizia in Italia, raccogliendo l'eredità di Enzo Tortora». A lanciare la proposta è Giovanni Negri, che ieri ha organizzato "Il Giorno della giustizia (e dell'economia) " con l'associazione La Marianna. Al convegno ha preso la parola lo stesso generale, che ha accettato la candidatura, motivandola a partire dalla sua storia personale: «Sono diventato ufficiale nel 1965 e ho improntato la mia carriera al servizio delle istituzioni. Sono stato processato e assolto nel 2004 per favoreggiamento al boss Totò Riina, poi per favoreggiamento a Provenzano. Oggi sono accusato di essere il mediatore tra politica e mafia nell'inchiesta sulla trattativa. In quel procedimento una delle parti che avrei messo in contatto, rappresentata da Calogero Mannino è già stata assolta», ha raccontato il generale. «Io sono tranquillo: so che cosa ho fatto, ho i mezzi finanziari per sostenere i costi del processo e ho molto tempo a disposizione, perché sono in pensione. Un imputato diverso da me, però, Davanti a una vicenda di questa portata potrebbe solo affidarsi alla clemenza della corte. Ecco perché ho risposto all'invito: perché non ci siano più differenze tra il generale Mori e Luigi Rossi».Al dibattito sullo stato della giustizia è intervenuta anche la dirigente ed ex segretaria radicale Rita Bernardini, che da diciassette giorni è in sciopero della fame per chiedere l'amnistia e l'indulto. «Amnistia e indulto non riguardano chi ne beneficerà ma lo Stato stesso che deve essere amnistiato da situazioni contrarie alla legalità che si ripetono da trent'anni. E se le condizioni politiche ora non ci sono, dovremo crearle». I relatori hanno individuato le «due o tre cose che ora servono alla giustizia», come provocatoriamente definite nel programma: «Depenalizzare non aiuta, perché scarica sulla giustizia civile ciò che toglie da quella penale: bisogna procedere nel solco dell'introduzione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e sulla giustizia penale negoziata» ha chiarito l'avvocato Fabio Ghiberti, del foro di Torino, «non si può pensare solo alla prescrizione. Bisogna introdurre, come nel civile, il principio della decadenza: ovvero termini certi di fase, che lo Stato ha per processare un cittadino». E in tema di blocco del turnover del personale amministrativo, il procuratore della Repubblica Paolo Borgna ha spiegato: «A Torino abbiamo 190 funzionari, mentre ne servirebbero almeno 250 nella sola Procura. Questo blocca l'amministrazione della giustizia, in un sistema che prevede l'obbligatorietà dell'azione penale, tre gradi di giudizio e ha reso impraticabile politicamente l'amnistia a causa della maggioranza qualificata richiesta per l'approvazione».