Finalmente la buona novella. Concreta. Non promesse ma articoli di legge. E si tratta per la precisione dell’articolo 1 commi 20, 21 e 22 della legge di Bilancio. Vi si stabilisce che saranno esonerati dal versamento dei «contributi previdenziali» tutti gli autonomi inclusi entro determinati parametri di reddito. Tutti gli autonomi davvero. Cioè anche i «professionisti», scandisce il comma 20. Anche quelli con cassa, finalmente. Dunque anche gli avvocati.

La tentazione di gridare al miracolo è forte. Ed è forte anche perché abbastanza generosi sembrano i parametri entro i quali tutti i professionisti appartenenti a categorie ordinistiche ( non solo loro) saranno esentati dal versamento delle quote alle loro casse. Lo sconto riguarderà chi abbia percepito un reddito complessivo «non superiore» a 50mila euro nel 2019, e sofferto una perdita almeno del 33 per cento ( rispetto all’anno precedente) nel 2020. Solo chi non conosce la reale condizione delle libere professioni e, tanto per cominciare, quella dell’avvocatura può dissentire dall’attributo di cui sopra: abbastanza generoso. Perché se si raffronta la griglia fissata dalla Manovra con le statistiche in possesso di Cassa forense, si arriva a un risultato clamoroso: a rientrare nei parametri, e dunque a beneficiare dell’esonero, sarà addirittura il 50 per cento degli iscritti all’albo, circa 125mila avvocati italiani. Tanto che un simile aspetto indurrebbe il timore di una sorpresa amara nascosta nelle pieghe dell’articolato, che ora attende il via libera della Camera. Al comma 20 si legge: «Al fine di ridurre gli effetti negativi causati dall’emergenza epidemiologica da Covid- 19 sul reddito dei lavoratori autonomi e dei professionisti e di favorire la ripresa della loro attività, è istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per l’esonero dai contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti, con una dotazione finanziaria iniziale di 1.000 milioni di euro per l’anno 2021, che costituisce il relativo limite di spesa, destinata a finanziare l’esonero parziale dal pagamento dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti iscritti alle gestioni previdenziali dell’Inps e dai professionisti iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza» . Le espressioni secondo cui il miliardo stanziato «costituisce il relativo limite di spesa» ed è destinato all’esonero «parziale» potrebbero lasciare aperto il rischio di una “ghigliottina”, magari con riparto proporzionale dei residui non coperti che il singolo professionista si vedrebbe tenuto a versare. A chiarirlo saranno i decreti attuativi in cui, come recita il comma 21, il ministero del Lavoro, di concerto col Mef, definirà «criteri e modalità per la concessione dell’esonero» . Va detto che nel caso delle professioni dotate di un proprio ente previdenziale, com’è appunto Cassa forense per gli avvocati, l’espressione «esonero parziale» pare potersi riferire alla distinzione fra i contributi integrativi e quelli soggettivi. I primi, fissati al 4 per cento, sono destinati a finanziare l’assistenza, e sarebbe più impervio prevederne lo sconto visto che si tratta di quote dovute dal cliente in fattura. Plausibile dunque che i decreti attuativi chiariranno come l’esonero sia parziale nel senso che debba riguardare i soli versamenti “soggettivi”. Quelli cioè che ciascun professionista versa alla propria cassa per finanziare la propria pensione, e che nel caso degli avvocati sono fissati nella quota del 14,5 per cento.

In ogni caso, come recita il comma 22, «gli enti previdenziali provvedono al monitoraggio del rispetto dei limiti di spesa e comunicano i risultati al Ministero del lavoro e al Ministero dell’economia. Qualora dal monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti di concessione dell’esonero» . La prognosi dovrebbe valere in positivo nel senso di segnalare gli eventuali necessari rifinanziamenti, e in negativo nel senso indicato all’ultimo periodo: qualora lo scostamento fra esoneri effettivamente dovuti in base ai redditi e fondo disponibile lasciasse avanzi di spesa, questi non consentiranno di ampliare la platea dei beneficiari. Quello che è chiaro che il fondo coprirà le voragini destinate ad aprirsi non solo nell’Inps ma anche e soprattutto nelle casse previdenziali autonome. Tutto sta a verificare se le somme dovute dallo Stato agli enti saranno trasferite con la tempistica tutto sommato accettabile rispettata per la restituzione dei tre bonus primaverili, anticipati appunto dagli istituti. Se invece lo Stato tardasse a trasferire i fondi, lo sconto contributivo finirebbe per ostacolare l’attività di soggetti che provvedono innanzitutto al pagamento delle pensioni.