«È sconcertante che i destinatari di un avviso di garanzia o di una misura di custodia cautelare, siano informati dai giornali dell’adozione di provvedimenti giudiziari nei loro confronti». Va giù duro il presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Messina, Vincenzo Ciraolo. Molto spesso, infatti, i media rendono noti dettagli delle indagini prima che i cittadini coinvolti nei procedimenti ne siano informati dai magistrati. Una prassi sempre più diffusa, che invade la privacy degli inquisiti.Dopo la fuga di notizie che ha clamorosamente anticipato l’esito di tre diverse inchieste, i legali della città dello Stretto chiedono di porre un freno al fenomeno. «Imprenditori e appartenenti alle forze dell’ordine hanno visto pubblicata sui giornali la loro iscrizione sul registro degli indagati. Addirittura due medici accusati di gravi reati e un cospicuo numero di cittadini, hanno appreso dell’emissione di una misura cautelare carceraria nei loro confronti prima ancora che venisse eseguita» aggiunge il legale.«Non ci si rende conto che questa prassi potrebbe compromettere la genuinità e l’efficacia dell’inchiesta. Il caso “Matassa” è stato eclatante e non soltanto per il coinvolgimento di un consigliere comunale (gli altri componenti del civico consesso lo hanno appreso durante una seduta, ndr). Sarebbero potuti sfumare infatti i 34 arresti previsti, da effettuare in zone particolari, come alcuni villaggi». Eventuali correi ancora non raggiunti da sospetti avrebbero potuto peraltro inquinare le prove.Il presidente del consiglio dell’Ordine tiene a specificare che la sua non è una difesa corporativistica: «Lo ritengo inaccettabile non perchè vi sono avvocati o magistrati coinvolti. Per una triste coincidenza assistiamo a una preoccupante esclalation del fenomeno, ripetutosi per tre volte in breve tempo. All’unanimità i colleghi hanno ritenuto che l’interesse della collettività non va in questa direzione».Evidente inoltre il danno alla reputazione degli interessati: «È inquietante che sia stata pubblicata anche la notizia di una proroga delle indagini, per un caso di presunta corruzione al Tribunale Fallimentare. Tra un paio d’anni magari verrà archiviata, ma il diritto all’oblio non è ancora sufficientemente regolamentato e i protagonisti, le cui eventuali colpe o responsabilità non sono ancora state dimostrate, avranno comunque subito delle conseguenze d’immagine».Dal Consiglio arriva quindi un fermo richiamo a istituzioni e operatori, compresi il personale amministrativo e la polizia giudiziaria, affinché si adottino tutte le cautele necessarie a garantire l’effettivo rispetto del diritto alla riservatezza dell’avviso di garanzia, che trova tutela in una serie di norme, principalmente nell’art. 111 della Costituzione. L’art. 114 del codice di procedura penale statuisce il divieto di pubblicazione degli atti del procedimento sia durante le indagini preliminari, che quando il processo è già in fase dibattimentale ma non è ancora stata emessa la sentenza di primo grado. L’art. 369 cpp infine, sancisce l’obbligo di inviare l’informazione di garanzia solo quando debba compiersi un atto cui è prevista la partecipazione del difensore, e attraverso l’obbligo per il Pm di recapitarla per posta. La violazione comporta l’applicazione di sanzioni disciplinari (art. 115 cpp) e penali (art. 684 cp).Ciraolo tiene a ribadire l’illiceità di queste condotte: «Siamo di fronte a un reato. Ipoteticamente l’interessato può fare una segnalazione alla Procura, che dovrebbe verificare perchè le notizie riservate sono state consegnate alla stampa. A livello nazionale si dovrebbe riflettere seriamente, magari rendendo stringente il codice etico e di disciplina per la stampa. A livello regionale abbiamo già stipulato una convenzione con l’Ordine dei Giornalisti, per sensibilizzarli sul tema». Gli incontri in questione garantiscono anche il riconoscimento di crediti formativi.