Le condizioni di Matteo Messina Denaro al 41 bis si sono aggravate ed è stato trasportato all’ospedale al San Salvatore dell’Aquila. I suoi avvocati, Alessandro Cerella che dallo scorso giugno affianca nella difesa Lorenza Guttadauro, nipote del boss, arrestato lo scorso 16 gennaio a Palermo, avevano lanciato l’allarme sulle condizioni del loro assistito e presentato un'istanza di ricovero urgente, evidenziando l'incompatibilità di Messina Denaro con il rigido regime penitenziario. L’ultimo controllo dell’ex latitante risale al 27 luglio e le visite mediche si susseguono ormai a cadenza quasi settimanale, sia in carcere che nella struttura sanitaria realizzata per ospitare il 35esimo vertice del G8 nel 2009. Il 21 luglio scorso il boss era stato di nuovo al San Salvatore per accertamenti dopo l’intervento chirurgico per problemi urologici a cui è stato sottoposto il 27 giugno. Parliamo dell'ultimo boss stragista rimasto in circolazione e arrestato lo scorso gennaio dai Ros sotto il coordinamento della procura di Palermo guidata dal procuratore Maurizio De Lucia. È noto che è un malato terminale, e infatti gli ultimi mesi da latitante li ha passati recandosi spesso in ospedale per la chemioterapia.

L’avvocato Cerella ha dichiarato: «Ormai non mangia più, ha difficoltà anche a bere, ha bisogno di un ricovero urgente perché ha bisogno di flebo per essere alimentato. La sua situazione non è più gestibile dalla struttura nella quale è rinchiuso in regime di 41bis». Secondo il legale sarebbe «un vero e proprio bullismo di Stato a tenerlo dentro. La nostra richiesta è che esca e vada in un ospedale, deve essere ricoverato al più presto. Ha bisogno di un infermiere h24 mentre è sorvegliato h24 dalla penitenziaria». L’avvocato Cerella ha aggiunto: «Lo stanno lasciando morire, vedono che è un continuo via vai di macchina per l’ospedale. Qualche giorno fa ha subito un piccolo intervento di urologia alla prostata, domenica una tac, adesso si attende l’esito. Quando mi reco da lui, lo vedo debilitato. Se lo lasciano così muore, è questione di giorni, è un cancro al quarto stadio. Ha smesso di mangiare, beve solo integratori e acqua».

Il deterioramento della salute di Messina Denaro ha quindi sollevato preoccupazioni. L'avvocato Cerella ha elogiato il lavoro del professore Mutti e del suo team medico per la dedizione dimostrata nel prendersi cura del suo cliente. Ma le condizioni di detenzione rigide e oppressive sembrano avere un impatto negativo sulla salute di Messina Denaro, portando alla necessità di cure mediche urgenti. La sua condizione di salute rappresenta una questione complessa e delicata all'interno del regime carcerario 41 bis. Queste sue criticità, indubbiamente richiedono un'attenzione particolare e cure mediche adeguate.

L'istanza di ricovero urgente presentata dagli avvocati suscita dibattiti riguardo alla gestione dei detenuti considerati ancora capaci di dare ordini e alle condizioni di detenzione del 41 bis. Una materia altamente complessa e sensibile, purtroppo deviata anche da argomenti dietrologici. A causa di ciò, il dibattito è inquinato. Eppure, parliamo del rispetto dei diritti umani. L'Italia, ricordiamo, è già stata condannata in passato per aver trattenuto al 41 bis persone, di fatto, incompatibili. Pensiamo al caso dell'ex boss Bernardo Provenzano. Il regime di detenzione al quale era sottoposto, in base all'articolo 41 bis, prevedeva restrizioni estreme. Provenzano era stato trasferito in reparti ospedalieri protetti a causa delle sue precarie condizioni di salute, ma il regime 41-bis era stato esteso nel marzo 2014 e poi nuovamente nel marzo 2016. Per quest’ultima riapplicazione del regime, l'Italia è stata condannata per aver violato il divieto di tortura e di trattamenti disumani e degradanti (articolo 3 Cedu).

Mentre le condizioni di detenzione non sono state giudicate incompatibili con la salute di Provenzano, la mancanza di una valutazione individualizzata nella decisione di estendere il regime duro ha portato alla violazione dei suoi diritti umani. La Corte ha osservato che "assoggettare un individuo a una serie di restrizioni aggiuntive (...) imposte dalle autorità carcerarie a loro discrezione, senza fornire sufficienti e rilevanti ragioni basate su una valutazione individualizzata di necessità, minerebbe la sua dignità umana e violerebbe il diritto enunciato all'articolo 3". La sentenza ha sottolineato l'importanza di proteggere la dignità umana anche nei confronti dei detenuti considerati pericolosi per la società. Pertanto, nel caso di Matteo Messina Denaro, andrebbe valutato il rispetto dei diritti umani. D'altronde, è ciò che ci distingue anche dalla mafia.