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L’ESECUTIVO DEL GRUPPO REPLICA AI FUORIUSCITI”: «RESTIAMO DALLA PARTE DEI DIRITTI»
Albamonte e Poniz fra le prime linee «deluse» dalla storica corrente, che al congresso potrebbe rompere l’alleanza con gli altri progressisti
GIOVANNI MARIA JACOBAZZI
Magistratura democratica non sarebbe più la corrente che ha svolto “un ruolo essenziale nella trasformazione della magistratura da corpo burocratico chiuso, strutturalmente e ideologicamente vicino alle classi dominanti, a potere diffuso, contraddistinto da un’organizzazione orizzontale e paritaria, come volevano i padri costituenti”. A scriverlo sono venticinque toghe, tutti esponenti di primo piano di “Md”, che lunedì scorso hanno deciso di abbandonare il gruppo al quale, “entrati in magistratura”, da subito “si erano iscritti, condividendone gli ideali e il modo di intendere la giurisdizione”.
“Siamo tutti militanti e alcuni di noi hanno fatto parte delle dirigenze nazionali e locali del gruppo per lunghi periodi”, scrivono gli ormai ex componenti di Md, fra i quali gli ex presidenti dell’Anm Eugenio Albamonte e Luca Poniz, il sostituto presso la Dna Anna Canepa, il procuratore aggiunto di Roma Stefano Pesci, il pg presso la Corte d’appello di Caltanissetta Lia Sava. A loro giudizio, “la forza straordinaria di Md e la sua grande attrattività risiedeva nella felice coesistenza tra l’attenzione al punto di vista esterno, alla funzione servente del diritto, all’elaborazione politico- culturale di ampio respiro e il forte radicamento all’interno degli uffici, unitamente a un apporto decisivo all’associazionismo e al circuito dell’autogoverno”. Ma “questa saldatura, nel corso degli anni – proseguono – si è allentata e, con essa, la forza propulsiva di Md e la sua capacità di intercettare e convogliare le spinte al cambiamento. Ciò è dipeso – si legge ancoira nella nota diffusa dai “fuoriusciti” – da molti fattori, interni ed esterni alla magistratura: i mutamenti sociali, la crisi delle forme tradizionali di rappresentanza, ma anche l’invecchiamento degli iscritti, la loro collocazione in posizioni di vertice o di governo della magistratura, le contraddizioni di un’aggregazione di ideali ritrovatasi coinvolta in scelte decisionali e di potere”. Una delle conseguenze è stata “l’inizio dei conflitti interni al gruppo, che, a lungo andare, hanno minato la capacità di stare insieme creando dolorose fratture anche nei rapporti personali”.
Altra nota dolente, poi, sarebbe la “scarsa condivisione al progetto di Area ( il cartello progressista di cui “Md” tuttora fa parte, ndr), che nasceva dalla consapevolezza di questa crisi e del rischio di autoreferenzialità, nonché dalla esigenza di ascoltare e confrontarsi con il punto di vista e le esperienze dei magistrati più giovani, spesso impegnati negli uffici di frontiera, diffidenti, se non pregiudizialmente estranei, alle forme tradizionali di associazionismo giudiziario, ma sensibili ai temi dei diritti e all’idea di un’organizzazione partecipata, trasparente e democratica degli uffici”. Critiche al presidente di “Md” Riccardo De Vito ( giudice di sorveglianza in Sardegna) che avrebbe tradito “la funzione di garanzia nell’interesse della pluralità del gruppo”. Hanno poi dato fastidio le “recenti, continue critiche all’operato di Area e delle sue rappresentanze al Csm e all’Anm da parte della dirigenza di Md”.
Alla decisione di abbandonare il gruppo ha subito risposto l’esecutivo di Md: “Dispiace che ciò avviene in un momento in cui sono indispensabili la massima responsabilità e unità della magistratura associata, all’indomani di gravi vicende che ne hanno ferito l’autorevolezza e la credibilità agli occhi dei cittadini. Md ha continuato, in questo periodo di crisi profonda, e sempre continuerà, a lavorare per i valori in cui crede: la democratizzazione della magistratura, vero baluardo della sua indipendenza, la deontologia, l’etica e la professionalità nell’applicazione della legge, contro ogni caduta ideale”, proseguono i vertici di Md, ricordando la missione del gruppo “contro ogni erosione della democrazia costituzionale, contro mentalità e derive autoritarie, per la tutela della dignità delle persone, e contro ogni discriminazione dei più poveri, di migranti, detenuti, malati, disabili, ‘ matti’, donne, persone discriminate per il loro orientamento sessuale o per la loro identità di genere. Crediamo in una magistratura progressista che, in quest’epoca di accresciute diseguaglianze e di moltiplicate povertà, sappia declinare di nuovo, accanto a progetti di efficienza e organizzazione, la volontà di inverare il progetto costituzionale di difesa dei diritti delle persone, soprattutto di quelle più svantaggiate, degli ultimi”, conclude la replica. A gennaio ci sarà il congresso di Md. Assise che non è escluso possa segnare anche l’uscita da Area.