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Clima divertito, vivace, è un po' indecifrabile. La riunione del direttivo Anm al sesto piano del Palazzaccio mette in scena l'armonia tra un gruppo di giudici talmente abituati a riunirsi in un organismo tutto sommato ristretto, appena 36 rappresentanti espressi da ottomila magistrati, che litigare davvero è difficile. Eppure qualche momento di tensione arriva, per esempio per una frase di Davigo sulla necessità di «individuare nuovi orientamenti sui criteri nel conferimento degli incarichi da parte del Csm: tanti colleghi provano disagio, e io stesso credo che non si capisca più quali sono i parametri». La corrente del leader, Autonomia & Indipendenza, propone di fissare sul tema un'apposita riunione del direttivo. Il rappresentante di Area Alcide Maritati non la pensa così, e nota: «Ora sembra una questione grave, ma poi i colleghi, quando il caso li riguarda, usano sistemi di condizionamento che ben conosciamo». «Caspita», esclama il davighiano Pepe dal fondo della sala, «è ancora più grave». Se ne riparlerà. Ma c'è un altro punto che divide Area da "A&I": il diritto di voto sulle valutazioni di professionalità dei magistrati da riconoscere agli avvocati nei Consigli giudiziari. Maritati fa notare che la chiusura netta uscita dal precedente direttivo «è frutto di una mancata discussione: c'è chi pensa di seguire una strada un po' diversa, nel rapporto con l'avvocatura». Pepe e un altro rappresentante della stessa corrente, Giuseppe Marra, sfidano la "sinistra": «È vero, dobbiamo fare chiarezza, una volta per tutte, perché l'altra volta si è detto no al voto sulla professionalità, ma noi siamo contro anche il diritto di tribuna». I dubbi sul rapporto con la classe forense dividono la magistratura, e per ora contro la linea aperturista di Area paiono schierati anche i centristi. Lo si capisce dalle parole della presidente di seduta Tommasina Cotroneo, di Unicost appunto, che ripropone il rischio di «condizionamenti» da parte degli avvocati. Ma la partita è ancora tutta da giocare.