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Cartabia
C’è lavoro per il Parlamento. Anche in questo scorcio di legislatura “a Camere sciolte”. Lo si comprende dai numeri del decreto sul nuovo processo civile, discusso ieri in pre-Consiglio dei ministri insieme col testo sull’Ufficio per il processo (entrambi sono destinati a un quasi certo via libera nel Consiglio dei ministri vero e proprio in programma per oggi). Ebbene, i numeri dicono che la parte attuativa della prima delle riforme Cartabia consta di 51 articoli che sviluppano qualcosa come 140 pagine, con una relazione tecnica di altre 200 pagine. Dimensioni che sembrerebbero scoraggiare un esame puntiglioso e ultra zelante delle due Camere. C’è però da dire che qui parliamo della pur attesissima, per il Pnrr, riforma del civile. Servirà ancora qualche giorno perché arrivi su tavolo di Palazzo Chigi anche il decreto legislativo che attua la riforma penale. Sul quale, come riferito ieri su queste pagine in un articolo di Valentina Stella, Lega e grillini già avanzano riserve. Ai limiti del veto, in particolare sulla materia carceraria. Ma insomma, l’ambito civilistico si concretizza con particolare sveltezza rispetto al deflagrare della crisi. In aggiunta, appunto, il decreto “ibrido” a metà fra civile e penale, che riguarda il nuovo Ufficio per il processo. Rispetto al primo provvedimento, tra le tante misure, si possono segnalare due aspetti, spiega al Dubbio il professor Filippo Danovi, vicecapo del Legislativo di via Arenula, che ha seguito i lavori preparatoria con la numero uno dell’ufficio, Franca Mangano. «Nel campo della mediazione, della negoziazione, delle Adr in generale, si è ritenuto, in accordo col Cnf, di assegnare un ruolo decisorio diretto alle istituzioni forensi: l’entità dei compensi, ad esempio, per il patrocinio a spese dello Stato nelle soluzioni alternative sarà stabilito dall’Ordine degli avvocati, anziché dal giudice». Sempre riguardo alle misure attuative che chiamano in causa il Foro, Danovi cita anche «la nuova istruttoria stragiudiziale, che può introdurre una svolta culturale vera: anche tale strumento a disposizione delle difese sarà in grado di indicare alla parte se e quanto deve retrocedere, in anticipo rispetto alla causa. La difesa potrà non più soltanto negoziare ma anche accertare i fatti, assumere dichiarazioni da terzi o dalle parti, in questo caso con efficacia confessoria. Può cambiare molto in termini di organizzazione, tempi e carico per gli uffici giudiziari. Dipende», dice il vicecapo del Legislativo «anche da quanto gli avvocati tenderanno ad adeguarsi al nuovo scenario». In generale, per il decreto legislativo sul civile, va segnalata innanzitutto l’ampiezza dell’intervento (dal codice alla procedura, con altri capi su Adr, Pct, impugnazioni, volontaria giurisdizione, minorenni e famiglia, lavoro). C’è una ovvia coerenza con la già dettagliata legge delega, con alcune scelte specifiche per la controversa riforma della fase introduttiva. Inclusa la possibilità di far ridecorrere da capo i termini in caso di chiamata del terzo da parte dell’attore. Ma il fine tuning di maggior rilievo riguarda le memorie integrative: termini non più conseguenti fra loro ma fissi e simmetrici, di 40, 20 e 10 giorni anteriormente alla prima udienza. Ìl terzo di questi limiti (per replica, precisazione e prova contraria) riguarda entrambe le parti, attore e convenuto. Uno schema che da una parte “raddoppia” le memorie, ma dall’altra mantiene, come previsto della delega, quell’idea di concentrazione di ogni attività difensiva in anticipo rispetto alla prima udienza. Idea che appunto, l’avvocatura considera disfunzionale e limitante.Riguardo alle Adr, il decreto tra l’altro quantifica gli incentivi fiscali: è uno dei pochi passaggi sottoposti in queste ore a ulteriori ritocchi in vista del Consiglio dei ministri di oggi. Li hanno chiesti il Mef e la Ragioneria dello Stato, con suprplus di lavoro per i tecnici di via Arenula e Palazzo Chigi. Ma sul via libera al testo attuativo della riforma civile non dovrebbero esserci sorprese. D’altronde come pure ricorda il professor Danovi, «la ministra Cartabia ha preso un impegno sulla tempistica a cui tiene molto». Nel caso del decreto sul penale, atteso in Cdm per martedì prossimo, l’urgenza si intreccia come detto con le perplessità dei partiti. Ma da via Arenula si assicura che i 5 giorni di intervallo fra i testi per il civile e il penale non dipendono affatto da quelle tensioni politiche. Piuttosto, dalla mole dei provvedimenti, impossibili da esaminare a Palazzo Chigi contemporaneamente. Anche con il decreto sul penale, siamo già a 300 pagine fra articolato e relazione. Lo ha seguito in particolare Gian Luigi Gatta, consigliere della guardasigilli, sulla base dei lavori preparatori coordinati da Gianni Canzio. Il ministero non ignora la maggiore reattività della politica sul penale, ma può contare su un calendario che non dovrebbe lasciare spazio a clamorose impuntature delle Camere (i cui pareri, come per tutti i decreti legislativi, sono consultivi e non vincolanti). Intanto, i 60 giorni di tempo per le commissioni parlamentari decorrono già dalla data in cui il governo presenta i testi. Certo se il penale fosse trasmesso martedì stesso, 2 agosto, si finirebbe per sforare rispetto alle elezioni politiche del 25 settembre. Ma in realtà la convocazione delle nuove Camere è prevista fin da ora per il 13 ottobre: fino a quella data restano in carica le vecchie. Se pure il Parlamento esigesse di consumare tutti i 60 giorni che le leggi delega mettono a disposizione, il governo attuale potrebbe contare anche sul fatto che il giuramento dei successori arriverebbe forse verso fine ottobre: prima, ci sarebbe dunque il tempo per emanare in via definitiva anche il decreto sul penale. Insomma, le riforme del processo attese dall’Europa sembrano sfuggire al conflitto politico. Il che forse a questo punto non guasta.