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«La dignità e il decoro sono principi non rinunciabili per la nostra professione. Va ricordato anche di fronte a eventuali casi di avvocati che, in tragedie come quella di Genova, provano ad “accaparrarsi” clienti con l’offerta di prestazioni gratuite alle vittime o ai loro familiari». Il presidente del Cnf Andrea Mascherin tiene a ribadirlo nel pieno di polemiche che hanno coinvolto nei giorni scorsi alcuni difensori. «In questi casi la categoria sa opporre una ferma indignazione, come dimostrano anche le tantissime adesioni al tweet in cui ho richiamato il principio», osserva Mascherin.
Lei parla di deontologia basilare per gli avvocati.
Sì, è importante che l’avvocatura non si pieghi a regole di mercato quando queste risultino immorali. Dignità e decoro della professione e regole deontologiche sono principi posti a tutela dei cittadini e permettono agli stessi di poter contare su un avvocato consapevole del proprio ruolo anche sociale e soggetto a doveri anche morali.
Un richiamo rivolto con particolare riferimento alla sciagura di Genova?
In occasione di tragedie del genere, dunque non solo a Genova, gli avvocati non devono cercare in alcuna maniera di ‘ accaparrarsi’ clientela offrendo le proprie prestazioni alle vittime o ai loro familiari, magari a titolo gratuito. Il nostro modello non è riferibile a quello voluto da un mercato senza regole, che sacrifica anche la morale agli interessi commerciali. Noi non siamo quell’avvocatura che distribuisce biglietti da visita fuori dagli ospedali...
Nei casi come quelli di Genova si registrano molti tentativi di quello che lei definisce accaparramento di clientela?
Su 250mila avvocati i casi sono pochissimi, ma anche un caso è sempre troppo e non è sopportabile. Devo peraltro dire che la reazione della categoria a questi episodi è di grande indignazione, il che è confortante perché significa che le avvocate e gli avvocati italiani hanno ben chiaro il valore e la specificità costituzionale del loro ruolo.
La legge professionale pare chiara sulla centralità della deontologia.
Assolutamente. Nel 2012 il governo Monti, in ossequio a una esasperata per quanto legittima visione mercatista non solo della economia ma anche della società, aveva di fatto abolito il codice deontologico: poi per fortuna il Parlamento ha ovviato, elevando a fonte primaria le norme deontologiche. La legge professionale sotto questo aspetto è stata importantissima, sotto altri richiederà interventi di manutenzione e correzione. Mi riferisco in particolare alle modalità di accesso alla professione, che dovrebbero valorizzare il percorso professionalizzante curato dalle scuole forensi e sdrammatizzare, oltre che ridimensionare, l’incombenza dell’esame finale, che allo stato, fra l’altro, dà luogo a risultati troppo divergenti sul territorio nazionale. Si tratta di tema centrale per le nuove generazioni, che sta molto a cuore al Cnf e a tutte le rappresentanze forensi.
A proposito di visione mercatista della professione e della società, in cosa si manifesta più chiaramente?
Il libero mercato è una risorsa per l’economia occidentale, ma deve avere regole e non deve rischiare di sacrificare diritti fondamentali come quello alla difesa, al lavoro, alla salute, alla istruzione e così via. Per questo motivo ad esempio dobbiamo distinguere tra organizzazione degli studi professionali secondo formule che senza dubbio devono rispondere a criteri di efficienza e competitività con gli altri Paesi europei, e visione della funzione dell’avvocato, che deve rispettare la Costituzione e sulla quale non possono prevalere logiche di concorrenza al ribasso, che oltre che svilire la professione danneggiano i cittadini.
Ma queste logiche sono ormai inesorabilmente radicate o possono essere messe in discussione anche sul piano generale?
La prospettiva per cui tutto è commercio e concorrenza porta a sacrificare ciò che non è economicamente vantaggioso: la tutela dei diritti dei più deboli, per esempio, non lo è. Eppure l’imprescindibilità di tale tutela è un valore che distingue le società basate sulla solidarietà, che, ricordo è dettame costituzionale, da quelle basate sull’individualismo sfrenato, in cui tutto è permesso al più forte a scapito del più debole. Insomma al centro del vivere comune secondo gli avvocati italiani vi deve essere posto per la tutela degli indi- fesi.
Ha fatto riferimento alla concorrenza al ribasso: a cosa si riferisce in particolare?
Il concetto di concorrenza senza regole, senza trasparenza, con il sacrificio della dignità del lavoratore, è centrale per una idea di società ‘ mercatista’. Gli avvocati sono lavoratori come tutti e dunque va rispettato, per esempio, il diritto al giusto compenso. Il loro lavoro deve essere valutato per la funzione costituzionale e per la qualità, che, deve essere chiaro, l’avvocato deve garantire attraverso la formazione, l’aggiornamento, le specializzazioni. Insomma, il mercato come totem rischia di portare a forme di sfruttamento da un lato e di affidamento di incarichi senza garanzie di qualità dall’altro. Per questo motivo la recente legge sull’equo compenso pone un tassello culturalmente fondamentale, che dovrà essere oggetto di valorizzazione ulteriore.
E cosa intende per corretta trasparenza?
La nostra legge professionale impone una corretta informazione sull’attività dell’avvocato, così come la possibilità di conoscere, per quanto concretamente possibile vista la natura della prestazione, i costi prevedibili. Analoghi obblighi di trasparenza non esistono per quelle realtà di prestatori d’opera non strettamente qualificabili come studi legali, così come per loro non esistono obblighi deontologici per esempio nelle modalità di acquisizione di clientela: il che altera quello che deve essere il corretto concetto di concorrenza nel campo delle prestazioni legali. Perciò ritengo che il Garante per la Concorrenza debba occuparsene, e, senza ovviamente generalizzare, il Cnf sta raccogliendo materiale per promuovere questo intervento. Restando alla trasparenza, sono rimasto stupito, certo per mia ignoranza, che l’appalto di concessione a Autostrade per l’Italia sia stato a suo tempo in parte secretato. Sarei curioso, per il futuro, di sapere cosa ne pensa l’Anac.
La deontologia va posta dunque come baluardo della professione e a tutela del cittadino?
Certamente e senza dubbi di sorta: fra le altre cose voglio ricordare che la legge professionale istituisce lo Sportello per il Cittadino presso i Consigli dell’Ordine, già in molti casi esistente ma ora normativamente riconosciuto, che ha il compito di dare tutte le informazioni e garantire all’utente del sistema giustizia un corretto indirizzo sulle possibili forme di tutela, non solo giudiziali, nei vari casi che possono prospettarsi. Questi sportelli sono operativi in tutta Italia, e svolgono la loro funzione nel pieno rispetto del Codice deontologico. Segnalo, ed è motivo di plauso, come sia attualmente attivo quello presso il Coa di Genova.
Ultima domanda: secondo lei il ruolo costituzionale dell’avvocatura è chiaro a tutti?
Non a tutti, e una banalizzazione o addirittura una penalizzazione del ruolo dell’avvocato è assai rischiosa, non solo per la professione ma soprattutto per la tenuta dello Stato di diritto: per questo motivo l’avvocatura italiana chiede che il proprio ruolo venga meglio specificato in Costituzione e mi auguro che in occasione del Congresso di Catania di questo ottobre la politica tutta si pronunci su questo tema e sugli altri che verranno trattati. Un riconoscimento necessario, come detto, a tutela dello Stato di diritto, la cui tenuta non va mai data per scontata.