L’avvocato è un baluardo di diritti. Ma non solo individuali, non solo del singolo che accede alla giustizia e si avvale della tutela prevista dalla Costituzione all’articolo 24, ossia il diritto inviolabile alla difesa in giudizio: l’avvocato è per l’intero sistema democratico garanzia che il diritto prevalga sui conflitti. E quindi, sulla pretesa di ridurre la giustizia a mero «fattore di crescita dell’economia», sull’idea – respinta due giorni fa dal presidente Mattarella nel discorso ai neoconsiglieri Csm – che l’esito della dialettica processuale debba accordarsi con «le pressioni mediatiche o le opinioni correnti». No, la giurisdizione dev’essere autonoma e indipendente dalle esigenze di “velocità della macchina” come dagli umori della piazza. Può essere così, può essere garantito questo equilibrio essenziale per la democrazia solo a condizione che un intervento sulla Costituzione «riconosca e, anzi, rafforzi l’autonomia e l’indipendenza della giurisdizione e dell’avvocato in particolare», come ricorda il presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Ma- scherin in un’intervista pubblicata ieri dal Sole– 24Ore. Tutta la giurisdizione, non solo la magistratura: va assicurata anche all’avvocatura, osserva Mascherin, la «non condizionabilità» da «fattori esterni, sociali, politici, economici». Ed è per questo che l’avvocatura stessa ha scelto di dedicare il 34esimo Congresso nazionale forense alla proposta di rafforzare nella Carta il riconoscimento del “ruolo e della funzione dell’avvocato”. Un progetto ambizioso, come viene fatto notare dal quotidiano economico. Persino insolito per le assise forensi, eppure indispensabile: mai come in questo momento è necessario tutelare non semplicemente una figura professionale ma l’intangibilità delle garanzie, del processo come dialettica non condizionabile, della giustizia come architrave democratica. Un’urgenza che il Cnf, massimo organismo dell’avvocatura, ha incorniciato in fondo alla prospettiva dei lavori svolti esattamente un anno fa in un altro appuntamento di grande rilievo, il primo G7 delle istituzioni forensi, rivolto ai rischi del linguaggio d’odio. È proprio l’abolizione del confronto inteso come scambio, a insidiare la giustizia, e a richiedere che lo Stato riaffermi come quel bene primario sia intangibile e uno dei suoi due custodi, l’avvocato, meriti per questo di essere rafforzato nella sua indipendenza e libertà.

Mascherin si dice fiducioso che «si possa creare un largo consenso in Parlamento» su un intervento di questo tipo. Sarebbe un segnale importante e un’investitura per la classe forense. Che si riunirà nel proprio Congresso a Catania dal 4 al 6 ottobre prossimi. Tre giorni intensi, a questo punto segnati anche da un’aspettativa. Perché un primo riscontro di quell’auspico espresso da Mascherin potrebbe arrivare dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che parlerà nella prima giornata dei lavori. Sarà intervistato proprio da un giornalista del Sole– 24Ore, Giovanni Negri, ed è plausibile che si pronunci sulla riforma costituzionale proposta dagli avvocati. Ci sarà un’ulteriore occasione di verifica, nello stesso giorno. Il discorso inaugurale di Mascherin sarà seguito, nel pomeriggio di giovedì 4 ottobre, innanzitutto da una tavola rotonda di carattere scientifico, con il presidente emerito della Cassazione Giovanni Canzio, il presidente dell’Associazione italiana costituzionalisti Massimo Luciani, il presidente della Seconda sezione del Consiglio di Stato Roberto Garofoli, il professore emerito di Procedura penale Giorgio Spangher e il professore emerito di Diritto civile Pietro Rescigno. Illustreranno il progetto di riforma costituzionale sul ruolo dell’avvocato, in modo che dall’altro dibattito previsto nello stesso pomeriggio, e aperto ai rappresentanti delle forze politiche, possa emergere una valutazione compiuta. Nei due giorni successivi ci sarà ampio spazio per il dibattito tra Ordini, Unioni e Associazioni forensi, e per le mozioni, che condurranno all’elezione dei nuovi componenti dell’Organismo congressuale forense, prevista per sabato 6 ottobre. Un’importante espressione di democrazia interna per gli avvocati, resa ancora più significativa dal dibattito sul loro ruolo.