PERCHÉ LA NORMA VOLUTA DA COSTA È UNA NOVITÀ DIROMPENTE

ALESSANDRO PARROTTA

AVVOCATO, DIRETTORE ISPEG

È notizia di queste ore il via libera ad alcune norme inserite nella riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario su iniziativa del deputato di Azione Enrico Costa, e con il parere favorevole della ministra Marta Cartabia, che hanno suscitato severe critiche da talune correnti della magistratura. La prima concerne l’introduzione di una sanzione disciplinare tipizzata per il pm che abbia emesso o indotto ad emettere un provvedimento restrittivo della libertà personale al di fuori dei presupposti di legge, senza trasmettere al giudice “per negligenza grave ed inescusabile” elementi rilevanti ai fini della decisione. Il secondo emendamento, dirompente a parere di chi scrive e fortemente voluto e sostenuto anche dall’Unione Camere penali, propone di introdurre un fascicolo informatico ( creando una banca dati) delle cosiddette performance del singolo magistrato, ai fini delle valutazioni di professionalità e del conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi. Trattasi, in pratica, di personalizzato compendio documentale e statistico dei risultati professionali del magistrato che permetta concretamente di valutare l’attività svolta, inclusa quella cautelare, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo; la tempestività nell’adozione dei provvedimenti; la sussistenza di caratteri di significativa anomalia in relazione all’esito degli atti e dei provvedimenti nelle successive fasi o nei gradi del procedimento e del giudizio.

Questo dossier è ipotizzato in aggiunta a quanto già previsto dal D. Lgs. 160/ 2006 su “autorelazione”, atti e provvedimenti del magistrato e verbali d’udienza acquisiti ‘ a campione’, “rapporto informativo” ( redatto dal Capo dell’Ufficio), segnalazioni del Consiglio dell’Ordine degli avvocati. Una proposta che non è stata certo accolta con favore da alcuni settori della magistratura ma che lo scrivente aveva già abbozzato nel lontano 2020, allorquando rappresentava la necessità di trattare i Palazzi di giustizia al pari degli enti collettivi per ottimizzare i livelli di efficienza e produttività con l’introduzione di figure analoghe ai manager aziendali.

Diversamente, il segretario di Magistratura democratica Stefano Musolino, ad esempio, solleva il dubbio - legittimo - che “una siffatta riforma” alimenterebbe “il conformismo giurisdizionale” rafforzando il “carrierismo”. Lo stesso dottor Musolino sostiene che un meccanismo valutativo così concepito condurrebbe il magistrato ad adeguare il proprio convincimento ad orientamenti maggioritari, in modo da ridurre al minimo la possibilità che proprie decisioni siano riformate in gradi successivi, abdicando così a compiere scelte coraggiose ( nei termini di un’evoluzione del diritto) ovvero non in linea con la giurisprudenza prevalente, sebbene più calzanti o tutelanti delle parti processuali.

La critica è stimolante e aiuta, per l’opposto, a ipotizzare ulteriori correttivi al sistema di valutazione del magistrato, introducendo semmai più elementi di carattere soggettivo che statistico.

Il leitmotiv dell’onorevole Costa è l’emersione, in misura proporzionale e del tutto simmetrica, tanto delle inefficienze giudiziarie quanto di tutte quelle professionalità che in silenzio, abnegazione, spirito del dovere e lontane da palcoscenici mediatici, lavorano indefessi all’esercizio della giurisdizione e all’amministrazione della giustizia in nome del popolo italiano.

In quest’ottica, dunque, di pura meritocrazia (“far emergere i bravi magistrati rispetto ai meno bravi”, spiega il parlamentare di Azione) si attesta l’intento riformatore, ben lungi dal voler introdurre forme di valutazione squisitamente aziendalistiche basate su numeri, statistiche e dati. Un quid pluris per consentire al sistema di essere maggiormente performante e, nel contempo, prudente ed equo.

Del tutto sottoscrivibili le parole di Costa, il quale ha opportunamente sottolineato come “finora il 99 per cento di valutazioni di professionalità positive deliberate dal Csm” derivasse dal fatto che “in realtà non si guarda in concreto l’opera di quel giudice o di quel pm: gli si dà un voto positivo di natura politica”.

Un emendamento che si auspica possa mantenere fino all’approvazione definitiva della riforma lo stesso ampio consenso ottenuto sin qui, grazie all’intesa della maggioranza delle forze politiche. Un emendamento che, insieme agli altri in materia di valutazione della professionalità dei magistrati ( art. 3, ddl A. C.

2681 ) - come, ad esempio, quello che introdurrebbe una maggiore specificazione del giudizio di positività della valutazione ( troppo generico per come ora formulato) nonché quello che vorrebbe attribuire un rilievo ai fini valutativi anche all’esistenza di procedimenti disciplinari definitivi a carico del singolo magistrato - si caratterizza per la ferma volontà di garantire ( e ripristinare) trasparenza e rigore nel procedimento, indubbiamente delicato, di valutazione circa l’operato professionale degli appartenenti alla magistratura, giudicante e requirente.