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La lotta contro la radicalizzazione in carcere potrebbe trasformarsi in una caccia alle streghe. A denunciarlo è stato il garante dei detenuti del Comune di Parma, Roberto Cavalieri. Ha espresso le sue perplessità rispetto alla notizia che il Dap ha ordinato di monitorare quattro o cinque detenuti stranieri ristretti nel carcere di Parma. Il garante ha sottolineato che il sistema di monitoraggio "rischia di essere una caccia alle streghe e che diventi una corsia preferenziale per le espulsioni". Poi ha continuato spiegando che "il solo dire Allah Akbar e il solo alzare il tono potrebbe comportare l'attenzione nei confronti del detenuto che l'ha detto".Sull'ultimo numero di Limes appare un'intervista al dirigente penitenziario di Rebibbia dalla quale emergono i criteri utilizzati per "combattere il reclutamento di terroristi nelle nostre carceri". La prima fase consiste nell'osservazione della pratica religiosa. Ovvero verificare la modalità della preghiera, l'eventuale intensificazione o diminuzione rispetto all'inizio e la preferenza all'isolamento durante la recitazione. L'altro criterio consiste nell'osservazione dell'aspetto esteriore come la crescita della barba o l'uso di abiti tradizionali. Nell'intervista il dirigente penitenziario spiega che valutano anche il rifiuto della tv nella cella.È possibile valutare la differenza tra la pratica religiosa di un buon musulmano e il terrorismo? Sempre nell'articolo di Limes viene riportato un episodio accaduto recentemente a Rebibbia. Nel corso di una perquisizione ordinaria, sono stati rinvenuti dei fogli manoscritti in lingua araba, affissi alle pareti della cella occupata da un detenuto egiziano. Immediatamente rimossi, sono stati trasmessi all'ufficio per l'attività ispettiva e del controllo presso il Dipartimento amministrazione penitenziaria che ha provveduto a classificare il soggetto quale "segnalato", in attesa di decifrare il contenuto delle scritte. La traduzione a cura dell'interprete del Nucleo Investigativo Centrale, un consulente tecnico accreditato presso la procura, ha chiarito che si tratta di meri versi coranici. Il detenuto è dunque stato estromesso dal terzo livello di osservazione.L'analisi del fenomeno distingue i soggetti a rischio di radicalizzazione violenta e di proselitismo in tre livelli di pericolosità: monitorati, attenzionati e segnalati. A monitorare costantemente il fenomeno della radicalizzazione è il nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria che acquisisce quotidianamente le informazioni da tutte le sedi penitenziarie. Il Nic viene considerato un corpo d'eccellenza dell'apparato penitenziario. Nasce con decreto del ministro della Giustizia del 14 giugno 2007 ed è posto nell'ambito dell'Ufficio per l'attività ispettiva e di controllo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria.Svolge le proprie funzioni, sotto la direzione dell'Autorità Giudiziaria, su fatti di reato commessi in ambito penitenziario o, comunque, direttamente collegati ad esso, rappresentando così il maggior organo di controllo e di investigazione della Polizia Penitenziaria, secondo quanto previsto dall'art. 55 del codice di procedura penale.Il responsabile del Nic è nominato dal Capo del Dipartimento che lo individua tra il personale appartenente ai ruoli direttivi della Polizia Penitenziaria, il quale relaziona direttamente al Direttore dell'Ufficio per l'attività ispettiva e di controllo. Nel corso degli anni il Dap ha adottato queste misure di controllo a carattere preventivo attraverso il monitoraggio e l'analisi del fenomeno della radicalizzazione e del proselitismo nelle carceri. Ma forse è un fenomeno da studiare e prevenire nel migliori dei modi possibili, senza sfociare in astratta discriminazione. Proprio per questo si è insediata a Palazzo Chigi la commissione di studio con il compito di esaminare lo stato attuale del fenomeno della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista in Italia. La prima riunione è stata introdotta dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e dal sottosegretario Marco Minniti, Autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica. La commissione è indipendente e avrà durata di 120 giorni, al termine dei quali redigerà una relazione finale.