A45 anni della legge Basaglia, ancora permangono problemi. Non dalla legge che fu un atto rivoluzionario, ma dalla mancata realizzazione della riforma fino in fondo. Non se ne fece più nulla del ddl “Disposizioni in materia di Salute mentale”, depositato in Senato da Nerina Dirindin nel settembre del 2017. Tra i primi firmatari vi furono Luigi Manconi, Sergio Zavoli e altri. Nella successiva legislazione fu depositato alla Camera da Elena Carnevali e al Senato da Laura Boldrini. Anche in questo caso nulla. Ora il ddl è stato depositato alla Camera da Debora Serracchiani e al Senato da Filippo Sensi. Se ne farà qualcosa?

Cosa prevedeva il ddl del 2017 ora riproposto in Parlamento? Partiamo dal fatto che la legge n. 180 del 1978, conosciuta come “legge Basaglia” e successivamente confluita nella legge n. 833 del 1978, ha segnato un momento decisivo nella legislazione sociale italiana. Questa legge non si è limitata a eliminare gli ospedali psichiatrici come luoghi di cura per i disturbi mentali, ma ha introdotto in modo pionieristico un sistema di servizi di assistenza psichiatrica che va oltre il manicomio. Ha istituito una rete di assistenza basata sul territorio, con i dipartimenti di salute mentale come pilastri organizzativi dell'assistenza psichiatrica e di un settore significativo del sistema di welfare italiano.

Questa legge ha superato l'approccio precedente che associava la malattia mentale alla pericolosità sociale e allo scandalo pubblico. Ha radicalmente cambiato il sistema dei trattamenti sanitari obbligatori, spostando l'assistenza psichiatrica verso i diritti sociali e il diritto fondamentale alla salute mentale garantito dall'articolo 32 della Costituzione. Ha eliminato le implicazioni di sicurezza pubblica legate ai trattamenti sanitari obbligatori e ha posto l'accento sulla tutela dei diritti dei pazienti.

Nonostante l'importanza di questa legge, la sua attuazione è stata ostacolata e rallentata nel corso degli anni. Ci sono state interpretazioni ambigue e resistenze che hanno compromesso l'effettiva realizzazione degli obiettivi della legge. Solo nella seconda metà degli anni 90, con l'adozione dei progetti obiettivo per la salute mentale, si è raggiunta una maggiore attuazione e si è completata la chiusura degli ospedali psichiatrici.

Negli ultimi anni, c'è stata una crescente preoccupazione per lo stato dei servizi di salute mentale in Italia. Le associazioni di familiari e persone con disturbi mentali hanno denunciato l'inadeguatezza dei servizi e chiesto maggiori attenzioni, risposte concrete e durature. Si è verificata, in diversi casi, una frammentazione dei percorsi di cura, l'uso di pratiche segreganti e contenitive e il ritorno di approcci basati sul modello bio- farmacologico. Questo ha evidenziato la necessità di politiche innovative e di un rinnovato impegno per garantire la salute mentale come diritto fondamentale.

Per questo la proposta di legge per la promozione e la garanzia della salute mentale è diventata urgente. Il ddl del 2017 puntava su questo. È necessario fare costante riferimento al rapporto della Commissione parlamentare del 2013 sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale, che ha evidenziato la necessità di aggiornamenti continui nelle organizzazioni e nelle politiche sociali di prevenzione, nonché interventi a sostegno delle famiglie. Nonostante le sfide e le disuguaglianze regionali nella realizzazione dei servizi di salute mentale, le esperienze positive dimostrano che è possibile realizzare modelli di cura efficaci. Molti paesi e comunità hanno sviluppato programmi innovativi che hanno dimostrato di migliorare la qualità della vita delle persone con disturbi mentali.

Uno dei modelli di cura di successo è rappresentato dalla “comunità terapeutica”, in cui le persone affette da disturbi mentali vivono in una comunità strutturata e ricevono supporto e trattamento dal personale specializzato. Questo modello si basa sull'idea che un ambiente terapeutico positivo e un sostegno sociale adeguato siano fondamentali per il recupero e il benessere delle persone con problemi di salute mentale.

Altri modelli promettenti includono l'approccio “housing first”, che si concentra sulla fornitura di alloggi stabili e sicuri per le persone senza dimora affette da malattie mentali, garantendo loro un ambiente sicuro e la possibilità di accedere a cure e servizi di supporto. Questo modello ha dimostrato di ridurre l'incidenza delle ricadute e di favorire un miglioramento significativo nella qualità della vita delle persone coinvolte.

Inoltre, sono stati sviluppati modelli di cura basati sull'uso delle nuove tecnologie, come le applicazioni mobili per la gestione dei sintomi e il monitoraggio dei progressi, e le terapie online che consentono alle persone di accedere alle cure anche a distanza. Questi approcci possono essere particolarmente utili per le persone che vivono in aree remote o che hanno difficoltà di accesso ai servizi tradizionali. Per la realizzazione di modelli di cura efficaci richiede però un impegno a livello politico e finanziario, nonché una collaborazione tra i vari attori del settore della salute mentale, compresi i professionisti sanitari, e i dipartimenti locali. Inoltre, è fondamentale combattere ogni forma di discriminazione, stigmatizzazione ed esclusione nei confronti delle persone con disagio e disturbo mentali.