Le storie dolorose della cannabis La vicenda del fermo da parte dei carabinieri e relativa denuncia a carico dell’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini, riporta di nuovo all’attenzione il problema dell’utilizzo della cannabis terapeutica.

Un problema che fa anche ingolfare le nostre patrie galere già in emergenza sovraffollamento.

Ci sono infatti varie storie, finite nel dramma, che coinvolgono numerosi cittadini che soffrono di malattie devastanti e soprattutto dolorose. Accade che, nonostante la legalizzazione dei farmaci cannabinoidi per affievolire i dolori cronici, non è assolutamente facile trovarli e sono soprattutto costosi.

In piazza, invece, abbonda a buon mercato e nel web fioccano i manuali per l’autoproduzione. Però coltivarsi da sé le piantine di marjuana è illegale. Rischiare la galera per curarsi, è una consuetudine.

Casi emblematici Fabio Valcanover, avvocato di Trento, aveva chiesto invano la grazia al Quirinale per un suo assistito. Un passato da eroinomane negli Anni 80, sieropositivo e malato di epatite, il 63enne riceve un sussidio per invalidità al 100%.

Per lenire i dolori coltivava tre piantine di marijuana in casa. In primo grado, il giudice lo ha assolto per via dell’uso medico. In appello, la sentenza è 5 mesi e 10 giorni di reclusione.

C’è la storia emblematica di Fabrizio Pellegrini, sostenuto all’epoca dal Partito Radicale. Affetto da fibromialgia - malattia che provoca problemi del sonno, mal di testa, mal di schiena e una serie di altri disturbi debilitanti si è visto certificare nero su bianco dai medici la possibilità di lenire i forti dolori derivanti dalla sua malattia usando derivati della cannabis, i quali riescono a farlo stare meglio.

Tuttavia, la cura a base di cannabis terapeutica ha un costo di 500 euro mensili che l'uomo non poteva sostenere. Il calvario dell’uomo è iniziato nel 2008 quando si è visto denunciare per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, nonostante il suo legale avesse dimostrato le precarie condizioni di salute dell'uomo e la buona volontà, visto che aveva acquistato di tasca sua la prima confezione del costoso farmaco a base di cannabis, che l'ASL avrebbe dovuto fornirgli gratuitamente.

Ad aggravare la situazione, il fatto che l'uomo è allergico ai farmaci cortisonici e ai classici antidolorifici. Come se non bastasse, era ritornato in carcere dall' 11 giugno del 2016 su ordine del giudice. Per Pellegrini c'è stata una vasta mobilitazione fino all'annuncio di verifiche da parte dall’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando. Riuscì ad ottenere almeno i domiciliari.

Il dottor Cannabis Ma di storie come queste, ce ne sono tante. Una in particolare è quella del dottor Fabrizio Cinquini, meglio conosciuto come dottor Cannabis. A febbraio scorso ha ricevuto una condanna definitiva a 2 anni e 8 mesi di carcere.

Un procedimento giudiziario cominciato dall’autodenuncia dello stesso medico, che, dopo aver invitato diversi giornalisti per mostrare la sua coltivazione di cannabis a scopo medico e di studio scientifico, fu arrestato dai Carabinieri nel 2013.

In primo grado fu condannato a 6 anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, oltre a pagare una multa di 30mila euro, sulla base della Fini- Giovanardi, che fu dichiarata incostituzionale di lì a poco. E per questo motivo la corte d’Appello, nel 2015, revocò l’interdizione e ridusse la pena a 2 anni e 8 mesi, come confermato dalla Cassazione. Fabrizio Cinquini da anni si batte per affermare le doti terapeutiche della cannabis.

Lui che le ha scoperte direttamente su di sé, quando lo aiutò a guarire dall’epatite C contratta nel 1997 mentre prestava servizio su un’autoambulanza, da allora non hai mai nascosto le sue intenzioni di coltivare diversi ceppi di cannabis medicale, da lui stesso selezionati per il trattamento di diverse patologie.

La vicenda ha del paradossale soprattutto se si pensa che il dottore vive e lavora in Toscana, una delle Regioni italiane all’avanguardia per quanto riguarda la legislazione in fatto di cannabis terapeutica, che sta attualmente ospitando, presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare, l’unica coltivazione a scopo terapeutico attualmente autorizzata in Italia.

La particolarità della sua vicenda è che, in un altro processo a suo carico in cui fu scoperto a bagnare 24 piantine di cannabis, fu invece assolto perché venne riconosciuto l’utilizzo medico e di ricerca. Un caso che avrebbe potuto creare un precedente.

Ma nulla, il problema rimane. E le persone che coltivano la marjuana per necessità, finisco in carcere.