Il sovraffollamento cresce, i suicidi in carcere hanno ripreso il sopravvento. Finita la parentesi della pandemia, si è ritornati all’affettività negata di prima. Le telefonate sono tornate a 10 minuti a settimana, così come sono state ridotte le videochiamate.

Nel silenzio più totale, si fanno risentire le detenute del carcere Le Vallette di Torino. Sabato è andata a farvi visita la delegazione di Nessuno Tocchi Caino, composta da Rita Bernardini, Sergio D'Elia, Elisabetta Zamparutti, il presidente della Camera penale di Torino Roberto Capra, Cesare Burdese, Davide Mosso e la Garante di Torino Monica Gallo. Le detenute hanno consegnato una lettera, chiedendo di divulgarla perché loro non si arrendono.

Rita Bernardini osserva che le ricordano il detto pannelliano «il più grande crimine è starsene con le mani in mano». La lettera spiega benissimo perché sia necessario l’aumento delle telefonate, dei colloqui e soprattutto la necessità di far approvare la proposta di legge a firma del deputato Roberto Giachetti di Italia Viva in materia di liberazione anticipata. Qui la pubblichiamo di seguito.

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Carissima Rita, questa lettera è per te e per tutti coloro che fanno parte di Nessuno tocchi Caino; ti chiediamo di renderla pubblica così che possa arrivare a più persone, perché per noi è necessario che le nostre voci e le nostre esperienze giungano al di là delle mura del carcere.

Scriviamo dalla sezione femminile del carcere di Torino e vorremmo unirci all'appello perché rimangano attive le videochiamate e vengano concesse le chiamate straordinarie; in realtà l'obiettivo è quello che vengano aumentate una volta per tutte per rafforzare la possibilità di tenere vivi i nostri contatti affettivi, per non sentirci soli. Sentire che c'è qualcuno che tiene a noi, è il primo passo per non cedere durante la carcerazione, oltre che una motivazione forte che può aiutare il cambiamento di ognuno di noi.

Ovviamente questo vale per chi ha la fortuna di avere delle persone vicine presenti, nonostante i vincoli stringenti che regolano e stabiliscono che solo 72 ore all'anno siano dedicate ai colloqui e 10 minuti a settimana alla telefonata (ovviamente per i detenuti comuni, chi è in alta sicurezza ancor meno; chi è sepolto al 41 bis quasi non ha diritto ad essere amato o ad amare). L'aumento delle ore dei colloqui e delle telefonate sarebbe un primo ma importante passo per rendere meno afflittiva la detenzione.

Dal 2018, anno in cui la proposta del ministro Orlando è stata affossata, le cose nelle carceri sono peggiorate fortemente; tutti lo sanno. Si istruiscono commissioni ma poi di concreto nulla e così noi reclusi e chi in carcere ci lavora (quindi tutta la comunità penitenziaria) ne paghiamo le conseguenze ritrovandoci come una barca in un bosco. Nel 2020 è arrivato il covid…. che ci ha blindato ulteriormente… nessuno di quelli che come noi erano detenuti è stato risarcito in termini di liberazione anticipata per le afflizioni che ha subito. Di anno in anno aumentano i suicidi nelle carceri e si moltiplicano gli ingressi di poveracci e malati psichiatrici. Il 2022 si è chiuso con 84 suicidi; nel 2023 se ne contano già 10: non è una situazione critica, di più!!!

In Italia è tutta un'emergenza, ma l'unica che non si affronta con prontezza è quella che ci riguarda, come se noi non fossimo persone e onestamente è difficile imparare la legalità e il senso civico chiusi dentro ad una istituzione inetta. Ti chiediamo, vi chiediamo, di promuovere in tutti i sensi la proposta di legge di Roberto Giachetti in materia di liberazione anticipata. Ci definiscono criminali fuorilegge – sociopatici, ma pur volendo noi affrancarci da questa condizione è difficilissimo farlo in un contesto criminogeno come questo e, soprattutto, quando dalle istituzioni non ti vengono riconosciuti i diritti ma solo gli obblighi.

Il vero crimine è stare con le mani in mano. Ancor più criminale è continuare a prendere in giro noi e la società, perché tenerci detenute in queste condizioni non ci restituirà migliori di quando commettevamo reati. Anzi, forse peggiorati. Siamo tantissimi e le opportunità non ci sono per tutti, anche in carcere le disuguaglianze la fanno da padrone, ma il carcere è lo specchio della realtà esterna sebbene si tenda a nascondere costantemente la polvere sotto il tappeto. Non ci disperiamo, siamo sempre presenti a noi stesse e alla voglia di migliorare questa condizione certe di trovare in voi un supporto stabile e forte.

Abbiamo sentito l'ultima proposta del sottosegretario Del Mastro, cioè di svuotare le carceri rimandando le persone che hanno delle dipendenze in comunità; sarebbe una svolta. Ma quanto tempo ci vorrà, visto che attualmente non ci sono i luoghi e i mezzi? E fino ad allora, come si continuerà a stare in queste celle? Cosa dovrà succedere ancora? Per quanto ancora dovremmo pagare i nostri crimini in un luogo che viola la Costituzione? Aumentare la liberazione anticipata non sarebbe un regalo ma un atto di civiltà, il minimo per un sistema che produce troppi fallimenti e sprechi di risorse umane. Ci restituirebbe dignità. (Le ragazze di Torino)