Domani potrebbe arrivare uno dei voti più importanti di questo Csm. Quello sul nuovo sistema per l’elezione dei togati. Più precisamente, la delibera che il plenum dovrebbe approvare dirà l’ultima parola di Palazzo dei Marescialli sulla “riforma elettorale” proposta dal governo. Le ipotesi sono state formulate dalla commissione nominata dal guardasigilli Andrea Orlando e presieduta da Luigi Scotti. Sono contenute in una relazione di 28 pagine che affronta anche altri temi (dalla sezione disciplinare all’organizzazione delle Procure ai magistrati fuori ruolo). Ma i dibattiti più accesi si concentrano fatalmente sul sistema di voto e, quindi, sul ruolo delle correnti. A preparare uno schema di delibera è stato Luca Palamara, consigliere togato di Unicost e presidente della sesta commissione, che si occupa anche di esprimere pareri sulle ipotesi legislative del governo. «Resta un apprezzamento di fondo su un punto chiave del lavoro svolto dalla commissione ministeriale», spiega Palamara, «e riguarda la scelta di escludere del tutto l’elezione dei consiglieri mediante sorteggio». Sulle ipotesi tecniche restano comunque alcuni dubbi, in particolare su passaggi che incrociano il peso delle correnti. Ma per Palamara l’equilibrio non sta solo nei dettagli del sistema che il ministro Orlando proporrà. «Il problema è di metodo e potremmo definirlo in due punti chiave. Primo: il Csm credo sia prontissimo a discutere di qualunque proposta che non limiti l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Secondo: sarebbe importante che le ipotesi di riforma avanzate dal governo non precludano lo spazio per una vera autoriforma, del Csm e di tutta la magistratura».Il presidente della sesta commissione auspica dunque che dal plenum di domani possa uscire un parere per il ministro della Giustizia che sia “aperto” e che però sia chiaro su una richiesta: non cancellare gli spazi per una autoregolamentazione del Consiglio. E nel chiedere di lasciare parte dell’iniziativa riformatrice al Csm stesso, Palamara non ha problemi a riconoscere che alcuni correttivi al sistema delle correnti vadano apportati: «Dobbiamo distinguere tra ciò che è emerso negli anni scorsi riguardo a degenerazione del correntismo, lottizzazione degli incarichi, riduzione delle correnti a strutture per la mera tutela degli iscritti, occupazione di tutti gli spazi della vita di autogoverno, da una parte; e, dall’altra, quello che le correnti sono effettivamente chiamate ad essere, ovvero forme per l’espressione di un diverso modo di essere magistrato». Ora, Palamara ritiene che «la legge del 2002 abbia lasciato spazio per alcune distorsioni», e dunque cambiarla non è fuori luogo. L’importante è che non lo si faccia «contro la magistratura» ma possibilmente «con il Csm».Tanto più che alcuni degli obiettivi fissati dalla relazione Scotti sono già stati in parte fatti propri non solo dalle correnti ma dalla stessa Associazione nazionale magistrati. «Con l’elezione dei membri togati al Consiglio superiore di due anni fa siamo passati dalle ipotesi alla concretezza: l’Anm, peraltro durante la mia presidenza, ha introdotto le primarie. È un modo per allargare l’elettorato passivo, cosa che la proposta della commissione Scotti punta a ottenere attraverso altre tecnicalità». Quelle su cui dovrebbe pronunciarsi la delibera all’esame del plenum di domani sono l’adozione di collegi elettorali relativamente piccoli, un secondo turno di ballottaggio che dovrebbe favorire l’affermarsi anche di magistrati non necessariamente legati ai gruppi associativi, la possibilità del voto disgiunto. «Si tratterà poi di verificare quali e quante di queste ipotesi confluiranno in un disegno di legge governativo. Ma intanto mi pare importante che nella relazione Scotti ci sia un approccio più flessibile sul tema dell’incompatibilità tra le funzioni disciplinari e tutte le altre». Chi giudica non nomina, chi nomina non giudica: era lo slogan scelto da Matteo Renzi due anni fa per spiegare in un “tweet” la riforma del Csm. «Nella proposta Scotti viene meno il principio della separatezza assoluta tra le funzioni». Il che consentirà di far valere alcune norme già previste nel regolamento interno che dovrebbe essere varato nel plenum successivo, quello del 20 luglio. Giorno in cui alla seduta del Consiglio superiore prenderà parte anche il presidente della Repubblica: verrà presentato un testo che va a integrare quello sui criteri di assegnazione degli incarichi direttivi, approvato a inizio consiliatura. «È un passaggio importante dell’autoriforma: percorso complementare all’intervento normativo del governo», chiosa Palamara, «l’importante è che una revisione delle regole vada nella direzione del riequilibrio e si opponga a ogni rappresentazione caricaturale del Consiglio superiore».