Michelangelo Misso è un ex detenuto che, fin dal 2013, ha sempre lavorato onestamente per la “Cooperativa 29 giugno”. Fino a quando, travolta dall’inchiesta “mafia capitale”, la cooperativa non è finita prima commissariata e poi in crisi con tanto di contratti interrotti. Uno di questi lavori, quello relativo alla raccolta differenziata dei rifiuti per le utenze non domestiche, è stato affidato alla Avr, la nuova azienda appaltatrice, con l’obbligo di attenersi alla clausola sociale. Ma l’Avr escluse alcuni lavoratori per il loro percorso giudiziario, nonostante l’obbligo di assunzione fosse inserito nel bando pubblico. Di questa vicenda Il Dubbio se ne occupò nel 2018, oggi l’Avr è finita sotto la lente giudiziaria perché accusata di essere gestita dai clan della ‘ndrangheta.

Michelangelo Misso, uno dei due operai esclusi dall’assorbimento di lavoratori nel servizio di raccolta differenziata dei rifiuti da parte dell’Avr all’epoca denunciò la cosa. Lui ha sempre lavorato onestamente, concentrato tutti i suoi sforzi per osservare «modalità di vita rispettose delle regole, con umiltà e spirito di sacrificio» come dice la stessa ordinanza della magistratura di sorveglianza che gli aveva revocato la misura di sicurezza dopo che aveva scontato una condanna al 416 bis. L’interruzione del contratto con la “Cooperativa 29 giugno” per le utenze non domestiche, a cui erano affidati oltre 174 servizi di utenze non domestiche con due operatori e un mezzo ciascuno, aveva all’epoca contribuito ad aumentare i rifiuti per le strade di Roma, per questo l’Ama ha intensificato gli sforzi per rendere operativa subito l’Avr, la nuova azienda appaltatrice con l’obbligo di attenersi alla clausola sociale. Quest’ultima serve proprio per tutelare i lavoratori nei cambi di appalto, per questo motivo le parti sociali hanno previsto una procedura da seguire da parte di entrambe le aziende ed il mantenimento in servizio, ove possibile, dei lavoratori precedentemente impiegati. Parliamo, nello specifico, dell’articolo 50 inserito nei bandi di gara, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, volta a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato. Detto, fatto. L’Avr aveva ricevuto la lista di una settantina di operai che operavano nei lotti ora sotto la loro gestione. Tutti riassorbiti, ad eccezione di Michelangelo Misso e un altro ex detenuto. Entrambi con un passato al 416 bis. Misso ha denunciato, quindi, di sentirsi discriminato a causa del suo passato, nonostante la sua accertata riabilitazione.

Il paradosso vuole che ora Avr, l’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti con sede in Calabria e opera con 12 sedi stabili e autonome, 18 distaccamenti operativi e 4 impianti in Lazio, dove ha sede legale e amministrativa a Roma, in Toscana, Lombardia, Calabria, Puglia, Sardegna e in Polonia, con sede centrale a Cracovia, la mattina del 9 giugno finisce sotto sequestro per ‘ ndrangheta. Ovviamente sarà un eventuale processo ad accertare le veridicità di tali accuse. Ma appare paradossale che parliamo della stessa azienda che ha voluto escludere un operaio, da tempo riabilitato e inserito nella società, perché fu condannato per mafia.

Della vicenda se n’è occupò sia Rita Bernardini del Partito Radicale che il garante regionale dei detenuti Stefano Anastasìa, recapitando una lettera all’Avr segnalando «il profilo discriminatorio che in essa potrebbe rilevarsi qualora dovesse emergere che la violazione della citata clausola sociale contenuta nel Bando di gara fosse motivata dal percorso giudiziario del signor Misso, rispetto al quale, invece l’impiego lavorativo di cui trattatasi è stato fondamentale per garantire la previsione dell’articolo 27 della Costituzione in materia di reinserimento sociale dei condannati»