«L’avvocatura è il baluardo in Europa per la tutela dello stato di diritto». Non usa mezzi termini, il presidente del CCBE (Consiglio degli ordini degli avvocati d’Europa) Michel Benichou nel descrivere il ruolo della professione forense, in un contesto europeo sempre più caotico a causa dei mutamenti socio-politici e complesso nella sua regolamentazione.Oggi la realtà che ci circonda è sempre più globalizzata ma anche sempre più complessa. Secondo lei, l’avvocatura è riuscita a trovare un proprio spazio sociale in questo contesto?Assolutamente sì. Di più, gli avvocati oggi più di ieri hanno un compito fondamentale: devono provare a restituire umanità a questo mondo globalizzato. In questi anni l’attenzione dell’opinione pubblica e della società, quando si parla di globalizzazione, è sempre concentrata sull’economia. Ecco, come categoria noi abbiamo il dovere di riportare al centro del dibattito i diritti. Non si può, infatti, parlare di globalizzazione senza affrontare anche il tema dei diritti umani. Non dimentichiamo che ogni crisi il prezzo più alto lo pagano i cittadini comuni. Questo deve essere il focus per noi avvocati: continuare ad essere garanti dei diritti individuali e collettivi dei cittadini.Lei ha parlato di crisi. Il concetto stesso di democrazia ha subito dei cambiamenti, in un contesto legato soprattutto alla minaccia terroristica, che ha colpito in modo violento l’Europa.E’ vero, e noi avvocati dobbiamo farci forti del nostro ruolo sociale. Ricordo che molti tra i principali paladini della democrazia erano avvocati, e penso soprattutto a Gandhi e Nelson Mandela. Oggi, con la prepotenza del fenomeno terroristico che sta avanzando, i governi nazionali tendono a ridurre le libertà personali e il ruolo dei giudici, come se questa potesse essere la chiave per contrastare la paura di nuovi attacchi. Noi come avvocati, però, dobbiamo fornire una lettura della realtà più complessa e soprattutto testimoniare quanto questa non possa essere la soluzione. Uccidere la libertà in nome della sicurezza, porterà solo ad un mondo sempre meno libero e democratico ma anche meno sicuro: in questo modo la si dà vinta ai terroristi, che puntano a imprigionarci nel terrore.In questo contesto che lei ha descritto, come si sta muovendo il Ccbe?La nostra istituzione rappresenta oltre due milioni di avvocati in Europa ed è legata a ben 45 consigli nazionali forensi. A partire dal nostro scopo primario, che è la difesa dello stato di diritto e di tutti i cittadini, oggi stiamo cercando di essere un punto di riferimento nello spiegare i mutamenti che stanno avvenendo in Europa. In buona sostanza, ci stiamo occupando di fornire guide ai colleghi per l’accesso alle corti europee e in materia di libera circolazione delle professioni in Europa. Ma soprattutto, e questo in collaborazione anche con il Consiglio Nazionale Forense italiano, stiamo facendo sentire la nostra voce in Parlamento Europeo, a tutela della riservatezza, del segreto professionale e più in generale della privacy, sia per i cittadini che per gli avvocati.Eppure sembra che l’Europa si stia allontanando da quel modello di cooperazione che ne è stato uno dei pilastri fondativi. Il Ccbe è riuscito a creare una dimensione di collaborazione tra i singoli ordini nazionali?La pratica è molto più facile della teoria, e in questo senso esiste una vera collaborazione tra colleghi in giro per l’Europa. Mi basta fare un esempio: quest’anno abbiamo deciso di occuparci del tema che ha toccato l’Europa in modo più drammatico, ovvero l’emergenza migranti. Abbiamo deciso di inviare a Lesbo, una delle isole più interessate dagli sbarchi, un team di avvocati con l’obiettivo di fornire assistenza ai rifugiati. L’operazione inizierà la prossima settimana: alcune associazioni nazionali hanno fatto donazioni in denaro, per permettere al CCBE di finanziare l’operazione, gli avvocati invece lavoreranno pro bono.A proposito di Europa, come affronterete l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue?Dopo la Brexit, è necessario per noi fornire nuove linee guida e soluzioni per l’assistenza ai cittadini, soprattutto in materia di diritto di famiglia e societario, ma anche agli avvocati stessi. L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea apre nuovi scenari per i colleghi che lavorano nel campo del diritto internazionale: è necessario che gli avvocati europei che lavorano a Londra e gli avvocati inglesi che lavorano nei paesi europei possano continuare ad esercitare la loro professione. Come Ccbe faremo fronte a queste difficoltà, ma la soluzione passerà necessariamente attraverso la cooperazione tra consigli forensi nazionali.Qual è la principale sfida professionale di questo secolo per gli avvocati?La nostra più grande sfida è quella di governare i cambiamenti tecnologici che la nostra professione sta subendo. I nuovi avvocati potrebbero essere sostituiti dai robot, grazie alle innovazioni nel settore dei servizi legali e alle nuove avanguardie tecnologiche. Si tratta di un fenomeno da una parte utile a snellire il lavoro degli avvocati in carne ed ossa, dall’altro però è necessario che si muova nella direzione di continuare a garantire un servizio di qualità per i cittadini. Proprio per valutare come affrontare questa sfida globale, il Ccbe ha organizzato una conferenza europea a Parigi, in cui all’ordine del giorno ci sarà il futuro della professione.