Nel pieno di una tensione politica sui migranti, che vede contrasti fra l’Italia e gli altri Paesi coinvolti nel fronteggiare il fenomeno, gli avvocati italiani e i loro colleghi della sponda sud del Mediterraneo costituiscono per la prima volta un’organizzazione unitaria.

«E tra i nostri obiettivi ci sarà anche quello di proporre soluzioni su diversi temi ai rappresentanti delle istituzioni dei nostri rispettivi Paesi, e non solo, che siano basate sul diritto e che riguardino anche la questione dei migranti», dice il presidente del Consiglio nazionale forense italiano Andrea Mascherin subito dopo aver sottoscritto, nella sede dello stesso Cnf, il protocollo d’intesa che costituisce il nuovo soggetto internazionale. Si tratta della Rete degli avvocati del Mediterraneo.

La sua costituzione ha visto riuniti il presidente dell’Ordine nazionale degli avvocati tunisini, Ameur Meherzi, il presidente dell’Ordine della città algerina di Boumerdas, Ahmed Ben Antar, intervenuto in rappresentanza dell’avvocatura del suo Paese e, per il Marocco, il presidente dell’Ordine di Rabat Mohamed Barigou e altri due rappresentanti del Foro della Capitale, Chafiq Doublali e Abdelilah Adnane. Segnale importante che arriva al termine di un’estate in cui le inco- gnite nelle relazioni internazionali sono state innescate proprio da interrogativi giuridici, e un caso come lo stop allo sbarco dalla nave Diciotti è solo il più eclatante. «Ed è innanzitutto nella capacità di risolvere i conflitti con il diritto, il contributo che le avvocature di tutti i Paesi possono offrire», ricorda Mascherin.

A MASCHERIN LA PRESIDENZA DELLA RETE

Tensioni stemperate dal diritto, incertezze nella definizione dei rapporti fra gli Stati superate grazie al contributo dell’avvocatura: la Rete avvocati del Mediterraneo nata ieri ha l’ambizione di occuparsene. Lo farà con un’articolazione interna definita immediatamente: proprio Mascherin sarà il primo presidente, e resterà in carica per due anni. «Voi italiani avete una straordinaria capacità di unire», riconosce il presidente dell’Ordine di Rabat, Barigou, che rende merito anche all’impegno della commissione Diritti umani del Cnf, coordinata dal consigliere Francesco Caia. Si è deciso di assegnare a uno degli altri due rappresentanti del Foro marocchino, Doublali, la carica di segretario della Rete: «Terrò i contatti tra tutte le avvocature che aderiscono alla nostra organizzazione», dice l’avvocato di Rabat, «ed è opportuno modificare la versione iniziale dell’intesa nella parte in cui prevedeva di ripetere ogni anno un incontro come questo di oggi a Roma: vediamoci almeno ogni 6 mesi». Clausola subito approvata. Così come entrano immediatamente nell’agenda della Rete avvocati del Mediterraneo alcune questioni primarie segnalate a Mascherin: «Sarebbe importante che ci occupassimo del diritto all’acqua e al cibo, emergenze che sono alla base delle stesse migrazioni. Così come è giusto che noi avvocati, ciascuno nel proprio Paese e quindi in modo coordinato anche a livello globale, promuoviamo inizia-È tive sul linguaggio d’odio» che, ricorda il vertice del Cnf, «in Italia come altrove rischia di compromettere un’idea di dialettica democratica».

Si tratta della questione attorno alla quale un anno fa a Roma si è svolto il primo, storico G7 dell’avvocatura. A coinvolgere le rappresentanze forensi dei sette grandi fu, anche in quella occasione, il Consiglio nazionale forense italiano. Ebbene, l’incontro di ieri consente di scoprire come la violenza verbale in internet sia una degenerazione che non risparmia neppure i Paesi protagonisti delle cosiddette primavere arabe. A dirlo con chiarezza è ancora Doublali, che dell’Ordine forense di Rabat è stato più volte consigliere ed è una figura chiave per l’avvocatura del Marocco sul piano dell’impegno “politico”: «Di recente il nostro Parlamento ha approvato una legge che arriva a prevedere il perseguimento delle diffamazioni diffuse anche con piattaforme come WhatsApp: anche per questo sarebbe utile prevedere che l’anno prossimo la Rete avvocati del Mediterraneo appena costituita possa riunirsi a congresso in Marocco».

Prime analisi e progetti che maturano in una mattinata trascorsa nella sala riunioni della presidenza del Cnf, attorno a un tavolo che è occasione per apporre materialmente le firme al protocollo d’intesa, ma anche per dare consistenza a un’ambizione. Non piccola, e anzi piuttosto in sintonia con l’aspirazione del Cnf a veder rafforzato il ruolo dell’avvocatura nella Costituzione italiana: è l’idea dichiarata dal presidente dell’Ordine tunisino, Meherzi, di «trattare temi urgenti e attuali, dall’immigrazione ai social network, perché vogliamo incidere positivamente sulle decisioni dei governi e parlare con una sola voce, quella del Mediterraneo, alla politica». Come se l’avvocatura si sentisse investita di un compito che va appunto oltre quello della mera rivendicazione di categoria. «In questa fase di attenzione al tema dei migranti che provengono dal Nord Africa, è di vitale importanza che il dialogo tra le nostre avvocature si intensifichi, non tanto per ragioni ordinistiche ma per offrire alle istituzioni lo sguardo del diritto, e dei difensori dei diritti», è la riflessione di Mascherin consegnata anche a una nota ufficiale congiunta.

UN’AMBIZIONE POLITICA DI RESPIRO INTERNAZIONALE

L’ampio orizzonte non esclude che la Rete sia anche strumento per risolvere nodi specifici della giurisdizione. Doublali e Barigou, che firma il protocollo a nome di tutta l’avvocatura del Marocco, segnalano per esempio «i problemi incontrati spesso dai marocchini in Italia, che talvolta vanno a processo senza riuscire a informare le autorità diplomatiche». Il presidente dell’Ordine di Rabat, in particolare, si dice convinto che «insieme si riusciranno ad affrontare con successo questa e altre problematiche, in virtù della cooperazione che da sempre avvicina le due rive del Mediterraneo e in particolare noi avvocati». Il tunisino Meherzi non esita a definire la nascita della Rete «una tappa storica», dalle prospettive notevoli se si considera «la possibilità di coinvolgere, in una seconda fase, anche Paesi come il Senegal, la Mauritania» . Da uno Stato come l’Algeria che non ha visto diffondersi lo stesso anelito per la democrazia conosciuto in Tunisia e Marocco, l’avvocato Ben Antar non nasconde l’urgenza di assistere a una scossa per l’affer-mazione dei diritti proprio grazie alla sintonia tra le avvocature: «Sono qui anche in rappresentanza del presidente dell’Ordine degli avvocati d’Algeria Ahmed Sai, assente suo malgrado per ragioni di salute: sono certo che siamo solo all’inizio, perciò fissiamo subito le tappe, le date dei nostri prossimi incontri, per sviluppare insieme delle soluzioni su temi importanti che riguardano la nostra parte del mondo: la pace, la democrazia, la difesa dell’acqua, il clima. Tutti argomenti su cui le nostre avvocature insieme saranno più forti e sapranno, speriamo, farsi ascoltare dai governi». È solo l’inizio, appunto.