Sono tentativi di uscire dall’angolo. Di limitare i danni, ridurli il più possibile e riprendere la navigazione dopo la tempesta Palamara. Dal parlamentino dell’Anm, riunitosi sabato scorso, arriva di fatto un tentativo di mediazione sulla riforma Bonafede. In particolare sulle parti che riguardano il Csm e l’ordinamento giudiziario. Con due direttrici: niente sorteggio per la scelta dei togati, sì a interventi incisivi per favorire «maggiore partecipazione democratica» tra i colleghi nell’elezione dei consiglieri superiori. E poi: nomine di direttivi e semidirettivi basate sulla «esperienza giudiziaria», conferimento degli incarichi scandito «secondo rigorosi criteri cronologici legati all’effettiva vacanza del posto da coprire».

E altro ancora. Il dato singolare è che le proposte sono quasi integralmente sovrapponibili alle norme presentate a fine luglio dal guardasigilli, poi finite in freezer per via del no leghista. Adesso che lo stesso Bonafede e il vicesegretario pd Andrea Orlando paiono ben avviati verso l’intesa ( almeno sulle materie ordinamentali), l’Anm prova a evitare il danno maggiore. Individuato appunto nel sorteggio per l’elezione dei togati al Csm. «Contrasta con la Costituzione», hanno detto Luca Poniz e Giuliano Caputo, presidente e segretario del “sindacato”, al comitato direttivo centrale.

Ora, il fatto un po’ spiazzante è che l’assoluta contrarietà al sorteggio è il solo punto di convergenza fra i gruppi associativi tradizionali e il protagonista indiscusso del fine settimana, Nino Di Matteo. Il quale l’ha toccata piano, come si dice in gergo tecnico: «L’appartenenza a correnti o a cordate è diventata l'unica possibilità di sviluppo di carriera, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafiosi».

La segretaria di Md, Mariarosaria Guglielmi, tra le figure più apprezzate dell’associazionismo giudiziario, ha rispedito la bordata al mittente: si tratta di «affermazioni», ha detto ieri, «che colpiscono l’immagine di tutta la magistratura». Secondo la leader del gruppo più spiccatamente progressista, Di Matteo rischia di «proporre all’opinione pubblica una inaccettabile equiparazione fra la scelta di appartenenza dei singoli magistrati ai gruppi associativi dell’Anm e l’affiliazione a organizzazioni criminali mafiose». Difficile darle torto. Così come non sorprende che proprio da un ex componente laico del Csm, Pierantonio Zanettin, ora deputato di FI, sia arrivata subito un’interrogazione a Bonafede affinché verifichi «la sussistenza dei presupposti per l’azione disciplinare nei confronti di Di Matteo».

Il pm antimafia ha parlato col fervore e lo sconcerto di chi, al di là di tutto, ha a cuore le sorti della toga che indossa. Ma ha chiaramente esagerato. E soprattutto: come può mai uscire rafforzata una magistratura che ondeggia fra i tentativi di mediazione proposti dall’Anm e le invettive a uso interno lanciate dal sostituto della Dna? Con Di Matteo, altri quindici pm sono candidati alle suppletive del 6 e 7 ottobre per individuare i due che dovranno sostituire gli ormai ex togati Antonio Lepre e Luigi Spina, che si sono dimessi dopo essere stati coinvolti nel caso Palamara.

Un altro consigliere, Paolo Criscuoli, intende revocare la propria auto- sospensione ma è di fatto bandito dai colleghi di “Area”, “Unicost” e “Autonomia e indipendenza”, sia al Csm sia all’Anm, dove gli chiedono letteralmente di farsi da parte. La situazione insomma è pesantissima. E lo stridore fra gli opposti - l’autoriforma di Poniz e le accuse di Nino Di Matteo - sembra peggiorare il tutto.

Non bastano le incompatibilità introdotte dalla stessa Anm per i suoi componenti, che non potranno più candidarsi al Csm, o per i togati uscenti e i fuori ruolo, che non potranno assumere, secondo la proposta dell’Associazione, incarichi di vertice nei 2 anni successivi. Non bastano intanto perché Bonafede propone un periodo- naftalina doppio, di 4 anni, che corrisponde alla durata di un’intera consiliatura, e impedisce qualsiasi scambio di cortesie fra nuovi e vecchi consiglieri. Ma in generale il colpo di reni delle toghe pare esibito con tutte e due i piedi ancora nelle sabbie mobili. E non è chiaro cosa possa aiutare a uscirne davvero.