Sono passati oramai quasi tre mesi da quando l’anarchico Alfredo Cospito, sottoposto al 41 bis, ha intrapreso lo sciopero della fame. Si teme concretamente per la sua vita, anche perché ha raggiunto un numero di giorni abnorme di digiuno, con un conseguente notevole abbassamento degli indici di potassio, indispensabile per il battito cardiaco. Una questione serissima. E a ciò si aggiunge il fatto che tale regime nasce per uno scopo ben preciso, non giustificabile – secondo un numero importante di giuristi – nel caso specifico.

Una grana non da poco per il nuovo governo, anche alla luce del fatto che il 41 bis, a causa del suo utilizzo spropositato, è stato al centro di varie sentenze che passano dalla Corte costituzionale fino ad arrivare alla Corte Europea di Strasburgo con il caso dell’ex boss Bernardo Provenzano. Ancora altre condanne, e il 41 bis potrebbe finire pesantemente compromesso nella sua legittimità a causa del suo stesso smodato utilizzo.

Come ha sottolineato anche Antigone — tramite il presidente Patrizio Gonnella e la coordinatrice nazionale Susanna Marietti — la Corte Costituzionale, nella nota sentenza numero 376 del 1997, ha ben spiegato come anche nel caso del 41 bis, pensato per contrastare la criminalità organizzata, sia necessario sempre tenere in adeguata considerazione l’articolo 27 della Costituzione, con i suoi riferimenti alla dignità umana e alla rieducazione del condannato.

Non solo. Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura, tramite un rapporto rivolto alle autorità italiane relativo a una visita effettuata nel 2019, raccomandò alle stesse di effettuare sempre «una valutazione del rischio individuale che fornisca ragioni oggettive per la continuazione della misura». Il Comitato sollecita che vi sia sempre una valutazione estremamente rigorosa del caso individuale evitando standardizzazioni nel trattamento solo sulla base del titolo di reato. E proprio intorno a una accurata valutazione del rischio si sofferma anche la Raccomandazione del 2014 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa rivolta ai Paesi membri sul trattamento inflitto ai detenuti ritenuti pericolosi.

Ricordiamo che la Corte europea dei diritti umani, nel 2018, ha condannato l'Italia per la decisione di continuare ad applicare il regime duro carcerario del 41bis a Bernardo Provenzano, dal 23 marzo 2016 fino alla morte del boss mafioso, nonostante fosse in stato vegetativo.

Attenzione: la Cedu non condanna l'Italia per le condizioni di detenzione previste dal 41bis in sé, ma per la riconferma di un regime duro lì dove non ci siano più i presupposti.

Le sentenze nostrane, invece, se pensiamo alla Consulta o alla Cassazione, hanno da tempo cominciato a stigmatizzare – e quindi abolire – tutte quelle misure ulteriormente afflittive che esulino dalla ratio del regime stesso: dai colloqui con gli avvocati passando per le ore d’aria fino alla possibilità di cuocere del cibo come gli altri detenuti.

A questo va aggiunto l’importante lavoro svolto dalla Commissione straordinaria per i diritti umani di Palazzo Madama, presieduta dall’allora senatore Pd Luigi Manconi, che nell’aprile del 2018 ha pubblicato una relazione frutto di un'approfondita indagine fatta sul campo per verificare l'applicazione del 41 bis. Da quello studio è emersa la legittimità di tutte quelle misure finalizzate a impedire il collegamento con l’esterno, ma non di quelle che rendono insensatamente più intollerabile la pena.

Il caso dell’anarchico Cospito è serio. Le sue condizioni di salute sono ogni giorno più serie e il rischio che possa morire diventa sempre più alto. Così come, va ribadito, non si comprende come mai sia stato raggiunto da una misura nata per evitare che un boss o un terrorista invii messaggi occulti alla propria organizzazione. Quelli di Cospito, seppur farneticanti, sono pensieri inviati alla luce del sole. E non a una organizzazione criminale, ma a soggetti gravitanti nella cosiddetta galassia anarchica. Per questo, come auspica l’appello sottoscritto da numerosi giuristi e intellettuali, si spera che le autorità competenti assumano una decisione in linea con il rispetto della dignità umana.

In caso contrario, la sua morte rischierebbe, secondo una logica paradossale, di dare ragione agli anarchici che vorrebbero l’abolizione dello Stato proprio perché lo considerano, per sua natura stessa, autoritario e spietato. E nel contempo il 41 bis stesso rischia di decadere proprio a causa del suo sciagurato utilizzo.