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Maria Masi
È il nodo che viene al pettine. Il Consiglio nazionale forense, per voce della presidente facente funzioni Maria Masi, esprime tutto il proprio dissenso sugli emendamenti al ddl civile, depositati la settimana scorsa in Senato dalla guardasigilli Marta Cartabia. Lo fa al termine del plenum di ieri, dopo aver già segnalato più volte, nei mesi scorsi, il necessario orizzonte che andrebbe assicurato alla giustizia anche nel quadro delle «esigenze di efficienza e rapidità» legate al Recovery plan: esigenze, ricorda Masi nella propria nota, che vanno coniugate «con quelle, di pari rilievo, delle reali garanzie e della libera accessibilità alla giustizia per tutti». E Masi segnala come la necessità di non dissociare i due aspetti fosse la «base della proposta del Cnf per il Recovery». La riforma della giustizia civile delineata dai maxi emendamenti governativi, avverte subito il vertice dell’istituzione forense, «rischia di disattendere gli obiettivi indicati dall’Onu nell’Agenda 2030 con la garanzia di accesso alla giustizia per tutti. Certamente disattende le aspettative legittime dell’avvocatura», aggiunge Masi, «maturate anche nel corso delle interlocuzioni con il ministero della Giustizia e con la commissione Luiso», e il riferimento e al gruppo di studio incaricato da Cartabia di proporre modifiche alla riforma. «Il Cnf – spiega ancora Masi – aveva sottolineato più volte nel corso degli ultimi mesi che una riforma della giustizia non poteva esaurirsi in una modifica delle norme di rito soprattutto se non in grado di garantire migliore e maggiore efficienza al processo. È inaccettabile una riduzione dei tempi del processo se va a danno delle garanzie di difesa e del potere dispositivo delle parti, configurando regimi di preclusioni, sanzioni e filtri che non possono trovare giustificazione alcuna soprattutto se proposti in un’ottica di miglioramento. Così – prosegue la presidente facente funzioni del Cnf – si onerano le parti, si gravano gli avvocati, esponendoli a non trascurabili ipotesi di responsabilità professionale», risvolto finora trascurato dal dibattito in Parlamento, «si rende complesso e difficile l’accesso alla giustizia, quasi fosse da considerarsi ‘punitivo’ il ricorso al giudice. Di contro non si prevedono particolari prescrizioni per i magistrati soprattutto in riferimento ai tempi e alle modalità dei provvedimenti». «Negli emendamenti governativi presentati in Parlamento – precisa la presidente Masi – ci sono sicuramente aspetti e proposte che meglio e maggiormente realizzano le indicazioni che l’avvocatura istituzionale e associativa hanno avuto cura di segnalare e proporre, a dimostrazione che un approccio diverso era ed è possibile se la priorità è il diritto dei cittadini, ma il rischio è che siano fagocitati o peggio sacrificati in nome di una visione poco realistica. Nei giorni scorsi il Cnf», ricorda dunque Masi, «ha provveduto alla formale convocazione della sessione ulteriore del Congresso nazionale dell’avvocatura, che si svolgerà a Roma il 23 e 24 luglio, per una discussione sulle riforme del processo penale e civile». E «il Consiglio nazionale forense», fa notare appunto la presidente, «non potrà che ribadire, nell’interesse di cittadini e imprese, i principi che sono alla base della proposta del Cnf per il Recovery plan: la coniugazione delle esigenze di efficienza e rapidità con quelle, di pari rilievo, delle reali garanzie e della libera accessibilità alla giustizia per tutti».