Riforma bipartisan è espressione davvero impegnativa, se riferita al ddl che dovrebbe rivoltare il Csm come un calzino. Se ne sono resi conto ieri mattina a via Arenula il guardasigilli Bonafede e il ministro ai Rapporti col Parlamento D’Incà nell’incontro coi delegati Giustizia del centrodestra. Però sinergie mirate sono senz’altro possibili: «Serve un’azione riformatrice che abbia alla base un ampio confronto», ha ribadito il ministro. E tra le altre, si fa strada un’ipotesi complessa ma utile anche per gli equilibri nella maggioranza: l’elezione dei componenti laici a Palazzo dei Marescialli affidata «non più al Parlamento» ma, come propone l’azzurro Enrico Costa, direttamente «agli avvocati e ai professori universitari in materie giuridiche». Il nodo dei laici è tra i pochi che vedono distanti Bonafede e gli alleati. Il primo vorrebbe precludere l’elezione al Csm per chiunque vanti esperienze da parlamentare o da ministro negli ultimi 5 anni. Pd, Leu e Italia viva non sono d’accordo. La proposta di FI consentirebbe di superare le divergenze: è chiaro che con un voto in capo ad avvocatura e accademia, l’estrazione parlamentare dei prescelti diverrebbe irrilevante o comunque trascurabile. Servirebbe una modifica costituzionale, certo. Ma l’ostacolo potrebbe non essere insormontabile, visto il doppio binario - uno più veloce, l’altro dall’orizzonte più ampio - verso cui sembra destinato il progetto riformatore. Il ministro della Giustizia non ha affatto cassato l’idea di Costa. Ha lasciato, come su altri aspetti, la discussione libera «da pregiudizi ideologici». Il contributo attivo di avvocati e professori rappresenterebbe una rivoluzione, nell’architettura del Csm. Anche rispetto al rilievo costituzionale della professione forense. Altro risvolto che favorisce la pur non semplice modifica. La soluzione è infatti intonata con la riforma dell’avvocato in Costituzione. E proprio sulla revisione dell’articolo 111, che riconoscerebbe la imprescindibilità del difensore nel processo, e la sua necessaria indipendenza, c’è già ampia convergenza fra maggioranza e centrodestra. Sono d’accordo sia Bonafede sia il Pd, ma anche Forza Italia, Lega e FdI, che hanno inserito l’avvocato in Costituzione nella loro piattaforma giustizia. Ieri a via Arenula si è discusso anche di questo. In un quadro che definire articolato sarebbe eufemistico. Restano molti contrasti, fra Bonafede e il centrodestra. Che si è trovato compatto in particolare su due richieste, come segnalato sempre da Costa ma anche dalla capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione alla Camera Carolina Varchi: separazione delle carriere e sorteggio per eleggere i togati. Spiega Varchi: «Noi dobbiamo avere un obiettivo primario: evitare che un cittadino entri in un’aula di tribunale e abbia l’immediato timore di trovarsi di fronte a un giudice schierato, di parte. L’imparzialità è tutto. Ed è assicurata se traspare dal vertice della piramide, quindi dalla componente togata del Csm, che non deve riflettere assolutamente un orientamento politico dei magistrati. Ecco perché», ricorda la deputata di FdI, «insistiamo sull’ipotesi del sorteggio, pur con tutte le necessarie riflessioni tecniche». Bonafede ha un’obiezione: se si deve introdurre il sorteggio serve più tempo, visto che la modifica diverrebbe costituzionale. E invece il guardasigilli ha ribadito ieri che «una riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario non è più rinviabile». Al che Giacomo Caliendo, che con Costa e Bartolozzi ha rappresentato Forza Italia, gli ha fatto notare: «Dobbiamo intenderci sul metodo. Perché l’ipotesi, ora prevista, di proporre la riforma come ddl delega, con successivi decreti emanati dal governo, è grave, vista la delicatezza della materia». Tanto che Caliendo ne ha fatto oggetto di una successiva nota congiunta con gli altri due capigruppo Giustizia del centrodestra al Senato, Pillon della Lega e Balboni di Fdi. Tutti parlamentari intervenuti fisicamente a via Arenula, come Maurizio Lupi e il plenipotenziario salviniano Turri. Ci sono cose, come il sistema elettorale per i togati, che Bonafede vuole far correre veloci. Altre che potrebbero essere affidate a un «passaggio parlamentare completo», come chiede Varchi, e altre ancora veicolate con una più meditata riforma costituzionale, dove potrebbe trovare spazio l’ipotesi di Forza Italia sui laici eletti direttamente da avvocati e professori. Una cosa dev’essere parsa chiara a Bonafede ieri mattina: l’opposizione annovera figure di grande competenza, i cui contributi potranno tornargli utili. L’azzurro Caliendo, per esempio, è un ex magistrato, e ha fatto notare che la sola maniera di limitare le correnti consisterebbe in un «voto disgiunto obbligatorio, con collegio unico nazionale». Sul punto sarà interessante verificare il parere dell’Anm, che sarà ascoltata dal ministro domani, insieme con tutte le rappresentanze forensi: Cnf, Ocf, Aiga, Unione Camere penali e Unione Camere civili. Con il presidente dei penalisti Caiazza si parlerà, di sicuro, anche di separazione delle carriere. Modifica veicolata al momento da un’autonoma legge all’esame di Montecitorio, e che Costa ha chiesto ieri di non ostacolare nel cammino verso l’Aula, dove è attesa per il 29 giugno. I fronti aperti sono una dozzina. Ma ieri Bonafede ha detto che «tutti possono contribuire per raggiungere gli obiettivi». E vista la difficoltà dell’impresa, emarginare l’opposizione sarebbe anche per lui una pessima idea.