L’approvazione definitiva di una parte consistente della riforma dell’ordinamento penitenziario è oramai sul filo del rasoio. Ieri il Consiglio dei ministri, a sorpresa, si è riunito ma non ha affrontato i decreti delegati. Potrebbe farlo o in una eventuale riunione di oggi oppure, il 13 marzo che rappresenrebbe l’ultima e improrogobile data utile. Secondo alcune indiscrezioni, la riunione si sarebbe dovuta fare oggi per esaminare almeno l’unico decreto che era già stato licenziato in via preliminare e già sottoposto alle commissioni giustizia di entrambe le camere. Parliamo di quello approvato preliminarmente il 22 dicembre scorso riguardante in particolar modo le misure alternative, l’assistenza sanitaria e la modifica del 4 bis. Se oggi non dovesse riunirsi, come vociferato, nuovamente il Consiglio dei ministri per varare il decreto principale, le speranze oramai rischierebbero di essere vane. Per capire bene il perché, bisogna far fede al comma 83 della legge delega che delinea i tempi e il procedimento per l’attuazione della riforma. Quanto ai termini, al livello teorico, la disposizione prevede che tale delega debba essere esercitata entro un anno dall’entrata in vigore della stessa legge e dunque entro il 3 agosto 2018. Ma il 23 marzo si insedierà un altro governo e quindi è lecito pensare che la riforhanno ma non trovi nessuna luce, così come è accaduto per altre leggi delega del passato. Quanto al procedimento per l’attuazione della delega, gli schemi di decreto legislativo devono essere trasmessi alle competenti commissioni parlamentari per il parere, da rendere entro 45 giorni, decorsi i quali i decreti potranno essere comunque adottati. Si tratta del caso dei decreti già esaminati e che superato questo passaggio. La legge delega poi prevede che se il governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, dovrà trasmettere nuovamente gli schemi alle Camere con i necessari elementi informativi e le motivazioni delle scelte legislative. La Commissioni dovranno poi esprimersi nei successivi 10 giorni. Decorso tale termine, i pareri potranno comunque essere adottati. Ecco perché quella parte della riforma che è sul filo del rasoio. Sono i 10 giorni che fanno la differenza. Se oggi il consiglio dei ministri non dovesse esaminare il decreto, in teoria se ne riparlerebbe la prossima settimana. Ma entro il 13 marzo, perché basterebbe un giorno in più è il decimo giorno scade esattamente quando si è già insediato il nuovo Parlamento. Al livello teorico, ci sarebbe ancora un margine di circa cinque giorni dall’insediamento della nuova legislatura e il Consiglio dei ministri attualmente in carica potrebbe avere una remota possibilità per dare l’ok definitivo. Però si entra nel campo dell’improbabilità. In tutto questo, secondo alcune fonti interne attendibili, lo scenario potrebbe apparire ancora più fosco: l’ufficio legislativo del ministero della Giustizia ancora non avrebbe pronte le risposte alle osservazioni poste dalle commissioni giustizia. Quindi, se confermato, ciò spiegherebbe perché il Consiglio dei ministri ancora non si è riunito per visionare il decreto principale della riforma.

L’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini, da almeno due anni in prima fila per chiedere la più rapida approvazione della riforma, alla notizia di ieri, ha esclamato pubblicamente: «Buoni a niente, capaci di tutto!». Raggiunta da Il Dubbio, la Bernardini ci spiega l’origine di questa esclamazione: «Marco Pannella definiva i responsabili del centrodestra come “capaci di tutto”, mentre quelli del centrosinistra li apostrofava come “buoni a niente”. Oggi, in quest’ultimo scorcio di mesi del governo Gentiloni, credo che occorra tornare alla versione originale di Leo Longanesi che i “buoni a niente” li riteneva contemporaneamente “capaci di tutto”». Prosegue sempre l’esponente del Partito Radicale: «Anche ieri, infatti – dopo tutti gli impegni presi pubblicamente – il Consiglio dei ministri ha depennato dall’ordine dei lavori l’ordinamento penitenziario e, per l’esattezza, l’unico decreto legislativo “maturo”, cioè quello riguardante le misure alternative alla detenzione e la modifica del 4- bis». Perché allora buoni a nulla e capaci di tutto? «Perché spiega l’esponente del Partito radicale - non riescono a fare quello che pubblicamente affermano di voler fare; ma capaci di tutto perché dimostrano di credere che in democrazia sia facoltativo uniformarsi o meno alla Costituzione e che quindi la dignità umana dei reclusi possa continuare ad essere calpestata, così come la loro risocializzazione essere cancellata anche come speranza futura. Firmare l’appello al governo pubblicato sul sito www. giurisprudenzapenale. it – conclude Rita Bernardini - lo ritengo indispensabile perché è “civile” insistere fino all’ultimo istante utile nella direzione della legalità costituzionale, togliendo ogni alibi a coloro che fino ad oggi sono stati incapaci di dar seguito alla parola data». L’esponente del Partito Radicale si riferisce alla rivista on line www. giurisprudenzapenale. com che ha pubblicato il testo dell’ appello sottoscritto da diverse associazioni in rappresentanza dei mondi dell’università, dell’avvocatura, della magistratura e del volontariato, nonché da autorevoli giuristi e da personalità della società civile. Tra i firmatari, figurano l’Unione camere penali italiane, il Consiglio nazionale forense, Magistratura democratica, Antigone, nonché personalità come Edmondo Bruti Liberati, Giovanni Fiandaca, Carlo Federico Grosso, Tomaso Montanari, Valerio Onida, Armando Spataro, Vladimiro Zagrebelsky. L’appello, indirizzato al Governo, auspica l’approvazione definitiva della riforma penitenziaria, onde evitare una definitiva battuta d’arresto per via della fine della legislatura. La rivista on line dà la possibilità a tutti i cittadini di poterlo sottoscrivere e già sono state aggiunte diverse decine di persone comuni.