«Ram Lubhaya si è proclamato innocente, non era sua intenzione rapire la bambina. La procura ha applicato la legge ma il mio assistito è già stato processato mediaticamente e condannato alla pena massima. In uno stato di diritto questo non è corretto». Biagio Giudice, legale del 43enne indiano accusato del tentato rapimento di una bambina martedì scorso sul lungomare di Scoglitti, in provincia di Ragusa, è convinto della sua innocenza. «Mi ero avvicinato per giocare, non l'ho presa in braccio e non volevo farle del male», ha raccontato durante l'interrogatorio. Sul suo caso, dopo la scarcerazione disposta dalla pm Giulia Bisello, è scoppiata la polemica e un botta e risposta tra il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha annunciato l'invio di ispettori in procura, e il procuratore Carmelo Petralia. Il nocciolo della questione è uno: la scarcerazione del 43enne ha scatenato reazioni furiose e Orlando si è sentito in dovere di intervenire per accertare che i magistrati non abbiano agito "di pancia". Anche se hanno semplicemente applicato il codice penale. Ad indignarsi, tra gli altri, il leghista Roberto Calderoli, che ha chiesto l'intervento del presidente della Repubblica, ma anche il consigliere di Ragusa Gianna Sigona, ex M5S, che ha pesantemente accusato il sostituto procuratore. «Sei una merda come questo indiano», ha scritto sul suo profilo Facebook, spingendo i magistrati di Ragusa a sporgere denuncia. Orlando, però, è irremovibile: gli accertamenti vanno fatti nell' «interesse di tutti». Lo scopo è, da un lato, «valutare se c'è stata una correttezza nell'azione della magistratura» e dell'altro «evitare che si celebrino processi paralleli», assicurandosi «che tutto segua le regole e anche che la valutazione degli atti sia fatta non in modo emozionale e intuitivo ma sia fatta sulla base dei fatti che il ministero sta raccogliendo». Parole che hanno lasciato basito il procuratore Petralia, che si aspettava «solidarietà nei confronti di un magistrato che applica la legge e fatta segno di pesanti e volgari offese». La legge, appunto, quella fatta in parlamento dai politici che poi si indignano: per il tentativo di sequestro e sottrazione di minore, infatti, il codice penale non prevede la convalida del fermo, ha chiarito Petralia. «Resta il fatto inquietante dell'accaduto ma siamo in presenza di un indagato che non ha precedenti per reati specifici - ha spiegato -. Non c'erano spazi giuridici per agire per la custodia cautelare». Il pm, dunque, ha solo seguito la legge. «Una legge che fa vomitare», ha commentato indignata la madre della piccola, che sperava nell'espulsione dell'uomo, clandestino e già destinatario di un provvedimento di rimpatrio. Una fuga di 10 metri la sua, durata 45 secondi, raccontano i testimoni, interrotta dall'intervento del padre della bimba. «Ci è stato detto che non ha concluso il reato: lo dovevamo perdere di vista per poter dire che si stava portando via la nostra bambina. Lui si è fermato solo perché noi l'abbiamo fermato», ha raccontato a NewsMediaset. Dopo il fermo, l'uomo era stato scarcerato, riacciuffato il giorno successivo per essere interrogato e di nuovo liberato. Davanti al magistrato, Lubhaya ha raccontato quel confuso giorno a Scoglitti, dove si guadagna da vivere facendo tatuaggi all'henné sulla spiaggia. «Ora ha paura - ha spiegato il suo avvocato -. Dopo tutte le polemiche teme qualche ritorsione». In città infatti è psicosi e le chiamate al 112 si sono triplicate. «Anche se le forze dell'ordine e la procura fanno il proprio dovere - conclude -, ognuno, sotto l'ombrellone, può scrivere sui social quello che vuole, anche per sentito dire. Dispiace per lo spavento subito dai genitori, però bisognerebbe celebrare un processo al di là dei riflettori».