«Non ho avuto conseguenze sul piano penale ma quei soldi li ho presi e lasciati nella cassa del partito. L'unico rammarico è che per questa vicenda, cavalcata da altri, sono stato defenestrato. Il partito, che era il mio partito, oggi è di altri. Mi sento dignitosamente riabilitato come politico e come uomo».

Commenta così Umberto Bossi la sentenza della Cassazione che martedì sera ha annullato senza rinvio - per prescrizione - la condanna in secondo grado a un anno e 10 mesi nel procedimento per truffa sui rimborsi alla Lega.

CONFISCA CONFERMATA Una sentenza che, però, ha confermato e reso definitiva la confisca dei 49 milioni al partito, che potranno essere restituiti in 80 anni. «Sono contento per la prescrizione di Umberto Bossi, non si merita tutto il linciaggio fatto nei suoi confronti - ha commentato Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato - Anche perché di questa vicenda le spese contestate, ovvero non utilizzate per rimborsi elettorali, che noi dovremmo dare indietro sono 800mila euro. Ma la fantasiosa tesi dei giudici è stata che poiché quegli 800mila euro sono stati spesi male, presentando dei bilanci falsi, allora dobbiamo restituire anche i soldi spesi correttamente, che ammontano a 49 milioni».

Soldi che, ha affermato Renzo Bossi, figlio del senatur, «sono sempre stati nelle casse del partito, come controllabile dai bilanci pubblicati sul sito della Lega», definendo «assolutamente falso e inventato» il loro utilizzo «per spese familiari».

Il processo si è concluso con la prescrizione anche per l’ex tesoriere Francesco Belsito, che resta responsabile di appropriazione indebita e per lui la Corte d’Appello dovrà rideterminare la pena di 3 anni e 9 mesi precedentemente inflitta. Per l'accusa, il partito aveva ottenuto i rimborsi elettorali ai danni del Parlamento, tra il 2008 e il 2010, falsificandoe il bilancio.