Il D. L. 92/ 2024, che vara misure urgenti in materia penitenziaria, raggiunge certamente lo scopo di sgravare le procure da una serie di adempimenti, ma dubito possa velocizzare l’ottenimento del beneficio della liberazione anticipata da parte dei condannati. La procedura ipotizzata creerà, piuttosto, rallentamenti e confusione, per la magistratura di Sorveglianza la cui funzione viene, con questa impostazione, ad essere snaturata. Sembrerebbe eliminato l’obbligo per le procure (organo normalmente deputato, per legge, all’esecuzione della pena) di calcolare il nuovo “fine pena” ogni qualvolta sia concesso il beneficio. Sarà quindi più complesso verificare quando il condannato si trovi nelle condizioni di accedere ad una misura alternativa.

L’unico Ufficio, infatti, in grado di rendere certo e chiaro, in ogni momento del percorso rieducativo, lo stato di esecuzione della pena è proprio la procura che ha emesso il titolo esecutivo, “riferimento unico” per qualunque Ufficio di Sorveglianza del territorio nazionale che decida su qualsiasi beneficio. Non è un caso che la legge, da sempre, preveda che il provvedimento, in qualunque territorio venga emesso, debba essere comunicato alla procura che ha emesso il titolo, che aggiorna lo stato di esecuzione.

I condannati, infatti, soprattutto se detenuti, sono spesso trasferiti in vari Istituti di pena; le persone in misura alternativa, sovente, cambiano il proprio domicilio. Ebbene, ciò comporta che le decisioni possono competere a magistrati di Sorveglianza di territori diversi. Gli Uffici di Sorveglianza potrebbero generare involontariamente errori, oltre che rallentamenti nell’emissione del beneficio, con ulteriore aggravio di adempimenti. Immaginate la confusione? Si stanno affrontando analoghi insormontabili problemi per l’esecuzione delle sanzioni sostitutive, laddove le procure non ritengano di emettere lo stato di esecuzione. La posizione giuridica di un condannato è in continua evoluzione per il sopravvenire di eventi diversi: nuovi titoli, fungibilità, pre-sofferti.

Dubito che il nuovo procedimento, così come pubblicato, possa avere effetto deflattivo. In verità, la liberazione anticipata è un beneficio, “impropriamente” inserito nel capo VI dell’Ordinamento penitenziario, che disciplina le misure alternative alla detenzione. Impropriamente, perché non consente una modalità alternativa di espiazione della pena, ma prevede una riduzione di pena, attualmente di 45 giorni, per ciascun semestre di pena espiata, a chi abbia dato prova di partecipazione all’opera rieducativa.

La detrazione di pena si applica anche a chi espia la pena in regime alternativo al carcere. Lo scopo della norma, dunque, è quello di incentivare la “buona condotta” dei condannati, che possono beneficiare di uno sconto di pena grazie al loro atteggiamento collaborativo. Un reale effetto deflattivo deriverebbe da una riforma dell’art 54 dell’ordinamento penitenziario che escludesse ogni valutazione discrezionale sulla riduzione di pena. Invece di essere agganciato ad una valutazione sulla “partecipazione all’opera rieducativa” potrebbe, ad esempio, essere legato “all’assenza di contestazioni disciplinari o di diffide”, in ipotesi di espiazione in misura alternativa, ed essere decurtato automaticamente, implementando il sistema informatico in dotazione alle procure, prevedendo una semplice impugnabilità innanzi al magistrato di Sorveglianza di eventuali dinieghi o un decreto di approvazione. Nulla di incompatibile con l’articolo 27 della Costituzione. Questo non lederebbe alcun diritto del detenuto e gli consentirebbe di fruire della detrazione in tempo reale. Occorrerebbe soltanto un sistema informatico implementato da tutti gli attori della vicenda dell’espiazione.

Si teme che, così facendo, si possa attribuire troppo potere alle Direzioni degli Istituti di pena, organi amministrativi e non giurisdizionali, dimenticando però che ogni contestazione disciplinare e applicazione di sanzione può essere oggetto di reclamo innanzi al magistrato di Sorveglianza. In altri termini, la “cura svuota carceri”, se adottata, non deve essere peggiore del male! Deve “impattare” nel modo più accettabile possibile sul sistema.

I magistrati di Sorveglianza, negli ultimi anni sommersi da competenze aggiuntive, decidono migliaia di procedimenti ad armi spuntate, in condizioni non paritarie rispetto agli altri uffici giudicanti di merito, ovvero senza che siano stati assunti gli addetti all’Ufficio per il processo, previsti per le Sorveglianze dal decreto 151/ 2022. Per gli altri Uffici giudicanti gli addetti all’Upp sono stati assunti con i fondi del Pnrr ( previste assunzioni per più di 16.700 unità), quindi Tribunali e Corti di Appello emettono più sentenze, ingolfando gli Uffici di Sorveglianza che dovrebbero decidere, spesso con la massima urgenza, “come” la pena deve essere espiata, vigilando anche sui diritti dei detenuti, e cercando di contribuire a contenere il pericolo suicidio.