Mario Oliverio sarebbe stato «indotto in errore sulla reale consistenza delle opere eseguite e sull’osservanza degli impegni assunti dall’impresa Barbieri nell’esecuzione delle opere appaltate, perché raggirato dalle manovre fraudolenti» poste in essere da altri indagati, in accordo con l’impresa Barbieri. È con queste parole che la Corte di Cassazione ha motivato la decisione, presa a marzo scorso, di revocare l’obbligo di dimora imposto al presidente della Regione, stigmatizzando il «chiaro pregiudizio accusatorio» con il quale la procura avrebbe attribuito al politico la condivisione delle modalità fraudolente con cui dovevano essere finanziate alcune importanti opere. Al centro dell’indagine “Lande desolate” - che vede Oliverio indagato per abuso d’ufficio e corruzione - c’era l’imprenditore Giorgio Ottavio Barbieri, considerato dalla Dda braccio imprenditoriale del clan Muto di Cetraro.

Secondo l’antimafia, Oliverio, pur consapevole dello stallo dei lavori per la realizzazione dell’impianto sciistico di Lorica - opera da 16,5 milioni - e «della incapacità tecnica e finanziaria del gruppo Barbieri» di rispettare l’obbligo di co- finanziare i lavori, avrebbe comunque disposto la liquidazione dell’intera cifra, adoperandosi «per lo stanziamento di ulteriori finanziamenti da destinare al gruppo Barbieri per i lavori in corso a Lorica». L’imprenditore avrebbe così omesso il versamento della quota a suo carico, con l’aggravante di aver agevolato la cosca Muto. Per i giudici della Suprema Corte, però, non ci sarebbero elementi concreti in grado di dimostrare che Oliverio fosse effettivamente a conoscenza «sia dello stato di irreversibile dissesto finanziario del gruppo Barbieri, sia della dolosa inosservanza degli impegni assunti da parte del predetto imprenditore», nonché «della irrealizzabilità delle opere commissionate nei tempi stabiliti dal contratto di appalto».

La contraddizione di fondo, evidenziata dalla Cassazione, sta nel fatto di aver considerato Oliverio consapevole del raggiro per un abuso d’ufficio e all’oscuro di tutto per quello al capo precedente. E anche le conversazioni intercettate, alle quali Oliverio non prende mai parte, «vengono lette ed interpretate senza considerare l’intonazione canzonatoria e irriverente assunta dagli interlocutori, sintomatica del compiacimento per essere riusciti a persuadere il presidente della Regione della bontà dei loro progetti e della serietà della operazione imprenditoriale nel suo complesso, tanto da avere anche raccolto l’entusiasmo del suo appoggio “politico” per incrementare l’opera con ulteriori lavori ritenuti funzionali allo sviluppo turistico della zona».

E anche sulle esigenze cautelari i giudici sembrano categorici: il giudice che ha firmato l’ordinanza cautelare non avrebbe specificato gli atti di indagine che potrebbero essere inquinati, così come il pericolo di reiterazione del reato si baserebbe, genericamente, «sulla base della carica ancora rivestita e dei rapporti spregiudicati intessuti con l’imprenditoria calabrese». Ma tale motivazione, affermano i giudici, «pecca di genericità, non potendosi desumere il pericolo di reiterazione dalla titolarità della carica rivestita, senza la evidenza di elementi concreti da cui desumere il pericolo della commissione di altri reati, in difetto di elementi di prova che depongono per l’esistenza di collusioni con l’imprenditore aggiudicatario degli appalti di Scalea e Lorica, coinvolto nella vicenda dei finanziamenti europei gestiti dalla Regione».

«Raramente si è letto in un provvedimento di Cassazione di “chiaro pregiudizio accusatorio”, che discende da un’analisi approfondita delle intercettazioni telefoniche tra altri soggetti, la quale patentemente dimostra come il presidente fosse ignaro di vicende che a qualsivoglia titolo riguardassero il Gruppo Barbieri - commentano gli avvocati Enzo Belvedere e Armando Veneto - L'autorevole provvedimento ha stracciato il lacerto indiziario, stigmatizzando “l’acritica unilateralità della lettura di tale vicenda”. Occupandosi funditus della gravità indiziaria, ha tarpato le ali anche al cambio in corsa di rotta dell'impostazione accusatoria, che, resasi conto della bocciatura solenne da parte della Suprema Corte, senza aspettarne doverosamente le motivazioni, per apprendere quell'alto e ben diverso punto di vista, ha notificato un improbabilissimo avviso di conclusione delle indagini preliminari. La battaglia di legalità condotta ha, per altro verso, dimostrato quanto siano ingiusti e devastanti gli interventi sulla politica, quando sono condotti con ' pregiudizio' ed “acriticità”. La Cassazione - concludono - ha restituito al presidente della regione Gerardo Mario Oliverio il tratto di politico probo ed onesto da tutti conosciuto e che non poteva esser messo in dubbio da indagini che hanno alla base un distorto e parzialissimo ascolto di intercettazioni telefoniche, malamente interpretate».