No al permesso premio chiesto da Sabrina Misseri, condannata all’ergastolo per l’omicidio della cugina 15enne Sarah Scazzi, scomparsa da Avetrana il 26 agosto del 2010 e ritrovata morta circa un mese dopo. La prima sezione penale della Cassazione ha bocciato il ricorso della difesa presentato contro il provvedimento del tribunale di sorveglianza di Taranto con cui era stata respinta l’istanza di permesso premio. Il tribunale di sorveglianza, emerge dalla sentenza depositata dai giudici del "Palazzaccio", aveva fondato la sua valutazione sull’«atteggiamento di sostanziale sottrazione al confronto con gli operatori sugli elementi posti a fondamento della sentenza di condanna» e tale circostanza, osserva la Corte, «legittima l’impossibilità di valutare in termini positivi l’incidenza del percorso penitenziario sul giudizio di pericolosità». «La non necessità della confessione del reato - si legge ancora nella sentenza depositata oggi - per ottenere il permesso premio non elide la rilevanza da attribuire al comportamento del condannato che risulti indisponibile al tentativo degli educatori di promuovere la riflessione sul vissuto connesso alle sue vicende penali». Infatti, ai fini della concessione del permesso premio, aggiungono i giudici di piazza Cavour, rileva «oltre al requisito della regolare condotta, anche quello dell’assenza della pericolosità sociale» per cui «è legittimo che quest’ultimo venga valutato con particolare attenzione nel caso di soggetti condannati per reati di particolare gravità e con una fine della pena lontana nel tempo, dovendosi attribuire rilevanza, in senso negativo, anche alla mancanza di elementi indicativi di una rivisitazione critica, da parte del condannato, del suo pregresso comportamento deviante». Quanto all’ente, situato nella città di Taranto, che, in base all’istanza presentata dalla difesa, aveva mostrato disponibilità ad accogliere Sabrina Misseri nel periodo di permesso, la Cassazione rileva che il tribunale di sorveglianza ha evidenziato «l’assoluta inopportunità di autorizzare un siffatto permesso nella stessa città in cui si sono svolti i fatti, per la non contestata presenza di altri soggetti comunque coinvolti nella vicenda processuale». La questione, in ogni caso, conclude la sentenza, «non è decisiva», dato che «l’accertata persistente pericolosità sociale preclude qualsiasi valutazione concernente l’idoneità del luogo prospettato per la fruizione del permesso premio».