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condanne
«Sulle riforme in cantiere in tema di giurisdizione e di ordinamento giudiziario, tanto quelle per via legislativa quanto quelle per via referendaria, il nostro è un giudizio negativo. Doppiamente negativo, perché di riforme ci sarebbe davvero bisogno, ma le cattive riforme allontanano ancor di più quelle che ci vorrebbero». A dirlo sono i magistrati iscritti alla lista Articolo 101, secondo cui «complessivamente, dai «commissari nominati dalla ministra viene fuori un progetto che non riforma ma, semmai, restaura, rinsaldando le crepe che gli scandali hanno procurato nel “Sistema” politico-correntizio che di fatto governa la magistratura: si persevera nella retorica del “pluralismo culturale” e della “meritocrazia”, slogan attraverso i quali si giustificano e alimentano l’occupazione correntizia del Csm e la spartizione cencelliana dei posti di capo delle procure e degli altri uffici giudiziari». Secondo le toghe di Articolo 101, «mentre l’Anm continua a ritardare l’intervento sulle incompatibilità tra ruoli associativi e incarichi istituzionali, sulle quali tutti a parole si dichiarano d’accordo, le riforme in campo accantonano o non considerato affatto gli interventi che potrebbero effettivamente depoliticizzare il Csm e porre fine alle spartizioni correntocratiche, ossia il sorteggio dei candidati al Csm e la rotazione nei ruoli organizzativi degli uffici giudiziari secondo criteri legali di esperienza e adeguatezza: si scaricano sui magistrati - continua il documento - le responsabilità dell’inefficienza di macchine processuali rese ingolfate e sovraccariche da anni di dissennate pseudo riforme a costo zero. Si naviga spediti verso la discrezionalità dell’azione penale, la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, il consolidamento del “modello di magistrato” ossequioso e burocrate, attento alle carte a posto e all’adozione della soluzione più comoda, indifferente alla qualità e al senso più vero e profondo della funzione giurisdizionale il cui esercizio la Costituzione gli affida». Per questo i “dissidenti” confidano che la ministra Cartabia, «che ha precisato come i progetti delle Commissioni siano cosa diversa dalle proposte che il ministero si propone di formulare, sappia cogliere lo iato evidente tra i progetti in cantiere e il disegno costituzionale della giurisdizione e dell’ordinamento giudiziario», nonché che «la magistratura associata sappia destarsi dal torpore che sembra avvilupparla e, con uno scatto d’orgoglio, sappia indicare le riforme che, dando effettivamente attuazione alle direttive costituzionali, possono restituire alla giurisdizione la credibilità di cui v’è assoluto bisogno. È già tempo, peraltro, per pensare a cosa fare nel caso in cui quanto sinora emerso dovesse tradursi in proposte ufficiali: in quest’ottica, se fossero confermate talune idee che compromettono alla base l’assetto costituzionale della giurisdizione e che nulla hanno a che fare con le raccomandazioni europee - concludono - sarebbe inevitabile pensare anche a radicali iniziative di protesta».