Terza perquisizione a casa di Bruno Contrada nel giro di un anno. Documenti sequestrati? Un album fotografico con foto della Polizia di Stato, alcuni atti processuali pubblici, degli appunti per una bozza di lettera da inviare al magistrato Nino Di Matteo per alcuni chiarimenti. Questa volta la perquisizione è stata disposta dalla Procura generale di Palermo. Le altre due precedenti, avvenute nel giro di pochi giorni a luglio dell’anno scorso, erano state disposte dalla Procura antimafia di Reggio Calabria nel quadro di indagini su fatti di mafia e di ’ndrangheta risalenti agli anni Novanta. In particolare, su un presunto rapporto di Contrada con Giovanni Aiello risalente a circa 40 anni fa, quando dirigeva la squadra Mobile di Palermo, dal 1973 al 1976. Un rapporto, di fatto, mai dimostrato. L’ex agente Giovanni Aiello, meglio conosciuto come “faccia da mostro” e morto di crepacuore un anno fa, era considerato una sorta di “anima nera” che, a parere dei magistrati – o meglio secondo un teorema però rimasto senza prove – sarebbe stato dietro ad ogni strage di mafia degli ultimi decenni, e che era anche sotto accusa per l’omicidio, avvenuto nel 1989, del poliziotto Nino Agostino e della moglie.

Le perquisizioni, comunque, si risolsero con un nulla di fatto. Ora è la volta della Procura generale di Palermo: visti i documenti sequestrati, che a una prima impressione non sembrano molto scottanti, c’è da chiedersi se qui l’affare si ingrossa. Il decreto – sono titolari il procuratore generale Roberto Scarpinato e i sostituti Domenico Gozzo e Umberto De Giglio – ha disposto la perquisizione non solo della attuale abitazione di Contrada, ma anche di altri due immobili, perché – scrive la Procura – «esiste fondato motivo di ritenere, sempre sulla base di elementi acquisiti in questo procedimento, che Contrada abbia ancora la disponibilità di documenti». L’ordinanza è legata all’indagine – i pm palermitani avevano chiesto l’archiviazione, respinta dal gip, e subito dopo la procura generale di Palermo aveva avocato l’inchiesta – relativa al duplice omicidio dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio. I documenti, che secondo la Procura avrebbe ancora a disposizione Contrada, servi- per dimostrare i rapporti che avrebbe avuto con lo stesso Agostino, con Aiello e con l’ex agente di polizia Guido Paolillo, indagato, e archiviato, proprio per il duplice omicidio.

Ma quali sono le argomentazioni che la Procura generale di Palermo ha ritenuto di utilizzare per giustificare la perquisizione degli appartamenti? La prima argomentazione è una telefonata del gennaio scorso, in cui Contrada, padre, dice al proprio figlio di non mettere in disordine le sue carte che si trovano nella casa dorebbero ve abita la moglie. Non solo, aggiunge, «me li sistemo io un po’ alla volta» ; questa anche, la frase scatenante la motivazione di perquisire l’immobile di via dei Cantieri, in uso appunto alla moglie. Oltre alla conversazione con il figlio, c’è una seconda intercettazione che risale a pochi giorni fa, esattamente al 13 giugno, e che giustifica la perquisizione: quella in cui Bruno Contrada direbbe a un amico che lo accompagna, facendo ingresso in una di queste case, che «è pronto per il blitz , l’operazione» ; poche ore prima alcuni testi, appartenenti alla Squadra Mobile che fu degli anni Settanta, erano stati sentiti dagli inquirenti. Due dunque sono gli elementi che sostengono il blitz della magistratura palermitana nelle dimore in uso a Contrada: entrambe sono conversazioni recenti, entrambe riguardano le sue carte e la loro conservazione. Ecco spiegato il motivo della perquisizione. È da qui che scatta il sospetto che «Contrada abbia ancora la disponibilità di documenti ( appunti, fotografie, atti ufficiali, files, ed altro) riguardanti i rapporti intrattenuti dal Contrada con il Paolillo, l’Agostino stesso, l’Aiello ed altri soggetti a loro collegati, nonché il coinvolgimento di Agostino Antonino in attività di ricerca latitanti ed altre attività extraistituzionali».

Una cosa è chiaramente indicata nell’atto: il sospetto si appoggia alle due intercettazioni; almeno cosi è motivato il decreto che ha permesso agli inquirenti di fare irruzione nelle abitazioni della famiglia Contrada alla ricerca delle sue “carte”. Alla fine del blitz, come detto, gli uomini della Dia hanno requisito atti processuali pubblici, un album fotografico con foto della Polizia di Stato, e degli appunti per scrivere una lettera che Contrada avrebbe indirizzato a Di Matteo per avere dei chiarimenti. Una certezza però sembra emergere, forse alla lettera non servirà più il francobollo per farla giungere al destinatario.