Non solo tribunali: il Question time di ieri per Alfonso Bonafede è stato anche il momento per discutere del caso Berlusconi, con l’annuncio, da parte del presidente dei senatori di Italia Viva Davide Faraone, di una commissione d’inchiesta per accertare la verità sui presunti condizionamenti che avrebbero portato alla sentenza definitiva di condanna dell’ex premier a 4 anni per frode fiscale. 

Faraone ha annunciato di voler chiedere l’istituzione di una Commissione dopo la risposta «insoddisfacente» del ministro Bonafede. La questione riguarda la diffusione di un audio nel quale il magistrato Amedeo Franco, che in quel procedimento ricopriva non soltanto il ruolo di membro del collegio giudicante ma anche quello di relatore della sentenza, ha messo in dubbio le motivazioni alla base di quella condanna, avanzando l’ipotesi di pressioni a carico del presidente del collegio. Sul punto, però, Bonafede ha tergiversato. Sottolineando come gli accertamenti siano possibili solo nel caso in cui si tratti di magistrati in servizio. Il ministero della Giustizia, ha replicato Bonafede, «compie accertamenti tendenti a chiedere, eventualmente, l’esercizio dell’azione disciplinare da parte del competente organo istituzionale a ciò preposto davanti al Csm, cioè la Procura generale presso la Corte di Cassazione.

L’accertamento deve muovere da fatti circostanziati e specifici, relativi esclusivamente a magistrati attualmente in servizio». Per quanto riguarda la vicenda Berlusconi, laddove dovessero emergere profili fattuali di questo tipo nella cornice di competenze che ho evidenziato, gli uffici effettueranno tutte le valutazioni del caso nel termine annuale loro assegnato», ha assicurato il ministro. Una risposta troppo generica per Forza Italia, secondo cui Bonafede, come «Ponzio Pilato», avrebbe «gettato la palla in tribuna derubricando a mero atto burocratico una vicenda che invece ha inciso in profondità, e negativamente, sulla vita democratica del Paese, producendo un vulnus gravissimo alla stessa sovranità popolare».