Il tema delle misure di prevenzione entra in Parlamento, per la prima volta, dal punto di vista delle vittime dei sequestri ingiusti. Che “strappano” un impegno alla politica: modificare il codice antimafia e istituire un fondo per le aziende dissequestrate. Tutto è accaduto alla Camera, presso il gruppo di Forza Italia, dove, alla presenza di diversi parlamentari e del sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, Pietro Cavallotti, vittima di sequestro ingiusto da parte dello Stato, ha raccontato la sua storia. Sisto si è impegnato a rivedere i rapporti tra il processo penale e il processo di prevenzione, «perché è inammissibile che nel 2021 una persona assolta con sentenza definitiva perché non ha commesso nessun reato si ritrovi, per lo stesso motivo, con i beni confiscati», ha sottolineato l’imprenditore. L’idea è quella di estendere le garanzie del contraddittorio e dell’onere della prova al processo di prevenzione. Altro punto su cui è stata manifestata disponibilità al confronto è quello di costituire un fondo per le aziende dissequestrate, proposta contenuta in un emendamento della deputata Matilde Siracusano al Decreto Ristori, che ha superato il vaglio di ammissibilità e che dovrà essere valutato dalle Commissioni, per l’istituzione di un fondo di 10 milioni di euro destinato alle aziende dissequestrate. «La storia giudiziaria della famiglia Cavallotti non è degna di un Paese civile - ha commentato Siracusano -. Un’azienda sequestrata a seguito dell’accusa di associazione mafiosa poi risultata del tutto infondata ma con un’impresa ormai destinata al fallimento per mano dello Stato. Oltre al danno la beffa: nonostante l’assoluzione questa famiglia ha continuato a subire l’accanimento giudiziario con la confisca dell’azienda». Ora, per la prima volta nella storia, c’è la possibilità che lo Stato si impegni a riconoscere il dovere di risarcire le vittime delle misure di prevenzione. Siracusano ha anche presentato un disegno di legge di revisione complessiva delle misure di prevenzione, a partire dai presupposti, dal procedimento e dal ruolo dell’amministratore giudiziario, idea che riprende molti dei punti già contenuti in una precedente proposta di legge del Partito Radicale. Cavallotti ha raccontato la sua storia, una storia che gli stessi parlamentari hanno ascoltato con stupore: l’azienda di famiglia, la Euroimpianti plus srl, è stata tenuta sotto sigilli dallo Stato per otto anni, durante i quali, sotto amministrazione giudiziaria, ha subito danni - certificati dal commercialista Giovanni Allotta - per oltre 11 milioni di euro. Nel 2011, nonostante il definitivo proscioglimento dal concorso esterno, il sequestro è tramutato in confisca da un collegio presieduto da Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, radiata dalla magistratura, condannata a 8 anni e mezzo per l’illecita gestione dei beni confiscati alle cosche. Motivo? Vengono considerati indizi di pericolosità quegli stessi elementi che i giudici penali avevano ritenuto incapaci di provare l’accusa di mafia. Lo Stato riconosce l’errore solo nel 2019, certificando la provenienza lecita di quei beni. Dopo il dissequestro dei beni, la procura si è appellata, ma nelle more dell’appello è arrivata un’istanza di fallimento da parte di Eni, che è creditrice di circa 80mila euro di carburante non pagato dall’amministratore giudiziario. «Passeremo dalla sezione misure di prevenzione alla sezione fallimentare - continua Cavallotti -, questo è l’epilogo della vicenda. Quindi, materialmente, non avremo alcunché, perché le nostre cose passeranno al curatore fallimentare che è un altro amministratore giudiziario. E questa è la storia delle aziende dissequestrate. Ma sono cose che si devono sapere: non è possibile che non ne parli nessuno. Lo Stato distrugge persone che non c’entrano nulla, sequestra, dissequestra, ma poi non aiuta le vittime, mentre nel frattempo le aziende falliscono per debiti accumulati dall’amministrazione giudiziaria. Parliamo di mancati pagamenti di Iva, fornitori, erario, banche… Peccato, però, che le aziende possono essere dissequestrate e in quel caso tocca al proprietario accollarsi i debiti maturati con gli interessi. L’amministrazione giudiziaria va fatta nell’ottica che quell’azienda possa anche essere dissequestrata. Ma ciò non avviene». Il risultato è che lievitano i compensi per gli amministratori giudiziari, mentre rimangono a bocca asciutta Stato, fornitori e dipendenti. «La verità è che la legge antimafia è stata appaltata ai magistrati e il Parlamento approva cose di cui nemmeno capisce il funzionamento. E ne ho avuto la conferma - aggiunge Cavallotti -. Ma non si possono dare deleghe in bianco ai magistrati, bisogna legiferare con equilibrio». All’incontro era presente anche la senatrice Gabriella Giammanco che, dal canto suo, si è impegnata a presentare la pdl di Siracusano al Senato. «Mai era successo, prima d’ora, che il Parlamento sentisse l’opinione di un imprenditore destinatario di un provvedimento di sequestro. Eravamo banditi dal mondo - conclude Cavallotti -. In qualche modo siamo stati “riabilitati”. Sono consapevole che le cose non cambieranno subito, ma è un passo importante, anche a livello simbolico». All’incontro era presente anche il deputato forzista dell’Ars Mario Caputo, che ha presentato un disegno di legge voto per l’istituzione di un fondo di solidarietà per le imprese sequestrate alla criminalità organizzata e in seguito dissequestrate. «Vogliamo garantire un sostegno concreto a chi ha subito procedimenti giudiziari poi risolti in un dissequestro delle attività - ha dichiarato nei giorni scorsi -. Ricordo che il 70% di tali imprese a livello nazionale, ha sede in Sicilia. Dunque si tratterebbe di una boccata d’ossigeno per il territorio, che permetta una ripresa, che a cascata coinvolgerebbe tutto l’indotto regionale. Con la discussione di tale disegno di legge voto, vogliamo sollecitare il Parlamento nazionale affinché prenda una netta e definitiva posizione in merito alla delicata vicenda».