«Riccardo Nuti e Claudia Mannino hanno fatto bene ad avvalersi della facoltà di non rispondere, perché ancora devono conoscere tutte prove a loro carico». Il presidente onorario della Corte di Cassazione, Ferdinando Imposimato, commenta così la notizie che arrivano da Palermo, dove gli onorevoli Nuti e Mannino hanno fatto scena muta davanti agli inquirenti che indagano sul caso "firme false" del Movimento 5 stelle isolano. I due parlamentari si sono anche rifiutati di rilasciare ai magistrati il proprio "autografo" per sottoporlo a perizia calligrafica. «Sì, ma se devono fare la perizia significa che le prove ancora non ci sono», continua Imposimato. «Significa che le prove le stanno cercando, e non puoi pretendere che sia io a darti le prove della mia colpevolezza, questa è una regola elementare». Se il presidente onorario della Cassazione fosse stato l'avvocato dei grillini avrebbe detto ai pm: «Datemi prima tutte le prove contro, ditemi di quali reati sono accusati i miei assistiti, e poi decideremo se rispondere». Che gli indagati pentastellati non abbiano fatto altro che ricorrere a un loro diritto è ovviamente fuori discussione. Il problema, però, è di natura politica.Soprattutto per il partito che fa della superiorità etica e morale un programma elettorale, il partito che ha chiesto senza successo ai personaggi coinvolti nell'inchiesta di auto sospendersi, il partito dell'o-ne-stà scandita in piazza. «Infatti credo che loro sbaglino ad avere questo approccio. Io non sono sempre stato in sintonia con loro», continua Ferdinando Imposimato che nel 2015 fu candidato dal M5S alla Presidenza della Repubblica. «Non sono un iscritto del Movimento e ho avuto sempre posizioni indipendenti», dice il giudice che in passato ha difeso anche Rosa Capuozzo, la sindaca di Quarto scaricata da Grillo nel gennaio scorso «perché siamo il Movimento 5 Stelle e non un Pd qualsiasi». «Quella donna è stata criminalizzata senza che avesse commesso niente», insiste Imposimato, «semplicemente non aveva denunciato ai vertici del suo partito un ricatto subito. Ma dove sta scritto che io dovrei denunciare un fatto a un altro esponente del mio partito? ».Evidentemente non la pensano allo stesso modo i vertici dei 5 stelle che per un mancato avviso hanno sospeso a "tempo indeterminato" anche Federico Pizzarotti, fino a convincerlo ad accomodarsi all'uscio della casa pentastellata. La stessa intransigenza però non si è manifestata nei confronti di Luigi Di Maio che sapeva delle indagini a carico di Paola Muraro, assessora della Giunta Raggi, ma non aveva avvisato Beppe Grillo perché non aveva capito il contenuto dell'email con cui veniva informato dei fatti. Difficile, dunque, prevedere cosa accadrà con gli attivisti e gli eletti palermitani coinvolti nell'inchiesta sulle firme false. L'unica certezza è che gli indagati sono diventati tredici. Oltre all'ex capogruppo Nuti e a Claudia Mannino, finisce sotto la lente d'ingrandimento dei pm un'altra parlamentare: Giulia Di Vita, che però ha accettato di farsi interrogare. Tra i nuovi nomi spunta anche Pietro Salvino, marito dell'onorevole Mannino, e Riccardo Ricciardi, sposato con un'altra rappresentante pentastellata a Montecitorio. Gi unici eletti disposti a collaborare con la magistratura sono i deputati regionali auto sospesi dal Movimento: Claudia La Rocca, dalle cui confessioni sono arrivate le chiamate in correo, e Giorgio Ciaccio.Intanto a Roma monta il nervosismo, il mancato passo indietro di Nuti e Mannino provoca più di un mal di pancia. E in assenza di un'auto sospensione sembra già tutto pronto per una decisione dall'alto. Le sorti politiche dei parlamentari coinvolti sono ora nelle mani dei probiviri del Movimento.