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Costruire nuove carceri non risolve il problema del sovraffollamento. Questo è in sintesi il pensiero espresso dal Garante nazionale delle persone private delle libertà Mauro Palma ai microfoni di InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei. «È sempre una questione sollevata da ministri di nuova nomina - ha rilevato Palma - ma poi le procedure e i tempi sono lunghissimi. Per me il problema vero e quello di riservare il carcere a chi realmente deve essere detenuto». Il Garante poi ha proseguito: «Circa 5.800 persone in carcere - ha proseguito Palma - hanno avuto una pena inferiore ad un anno. Mi domando se per queste persone non fosse stato più utile trovare pene alternative come il lavoro socialmente utile».
Mauro Palma poi ribadisce ciò che ha già spiegato durante la relazione al parlamento del secondo rapporto curato collettivamente dal Collegio ( il Presidente Mauro Palma e le componenti Daniela de Robert ed Emilia Rossi) e dallo staff del Garante nazionale: «C’è grande attesa all’interno del mondo delle carceri che è stato un anno in cui si e molto parlato di provvedimenti che avrebbero rivisto radicalmente l’ordinamento penitenziario. É un mondo che attende que- sto risultato ma che al momento non c’è stato». Palma ha sottolineato che «il ministro Bonafede pur avendo dichiarato di voler intervenire ha detto di volerlo fare con una prospettiva molto diversa da quella di cui si era discusso in questi anni. Nel frattempo la situazione carceraria è peggiorata dal punto di vista numerico anche se non con quella rapidità che aveva avuto in passato. Ma si è comunque allargata la differenza tra numeri di posti disponibili e persone presenti».
Il Garante ha comunque scorso una cosa positiva: «Devo riconoscere al ministro Bonafede il fatto di aver avviato con me un dialogo. Il problema è se si ha una visione in cui la pena è solo il carcere o se, come scrive la Costituzione, si possono trovare pene al plurale alternative con la possibilità di prevedere un insieme di sanzioni diverse da calibrare sulla specificità e gravità del reato commesso».
Diverso è l’approccio con il ministro degli Interni Matteo Salvini. In merito al linguaggio utilizzato appena si è insediato al ministero, Palma ha sottolineato sempre ai microfoni di InBlu Radio che negli ultimi giorni è molto duro sulla non consapevolezza di come il linguaggio «determini le culture diffuse». Mauro Palma ha spiegato: «Non si può parlare di pacchia ri- spetto a persone che soffrono venendo in mare. E non si può dire che queste sono solo battute soprattutto quando provengono da istituzioni, perché queste diventano costruttori culturali». Il Garante ha aggiunto: «La responsabilità di costruire culture di negazione dell’umanità dell’altra persona è una responsabilità molto grave. Su questo – ha concluso - l’interlocuzione che ho con il ministro dell’Interno e molto diversa da quella con il ministro della Giustizia».
Il tema degli immigrati, infatti, rientra nelle competenze del Garante e si riassumono in tre fasi: trattenuti, ristretti, inviati. Come viene illustrato nella relazione, ci si rende conto di come nell’anno trascorso l’utilizzo della privazione della libertà quale misura di contrasto all’immigrazione irregolare si sia intensificato. Come si evince dal rapporto, infatti, se da un lato nel 2017 si è assistito a un calo degli arrivi sulle coste italiane e a una corrispondente diminuzione degli ingressi negli hotspot ( 65.295 nel 2016 e 40.534 nel 2017), dall’altro si è registrata una crescita del numero delle persone transitate nei Centri di trattenimento (+ 36 %), del numero dei Centri stessi e delle persone rimpatriate in maniera forzata con scorta internazionale (+ 25 %). Il raggio di azione del Garante nazionale nell’area di privazione della libertà personale dei migranti si è pertanto ampliato sia sotto il profilo di un incremento del numero di persone titolari di diritti su cui vigilare, sia in termini di estensione della rete delle strutture da monitorare. Analizzando le criticità riscontrate, tutto si può dire, ma non che gli immigrati fanno la “pacchia”. Sia da dove arrivano, sia dove poi vengono destinati.