«Si prega il direttore della casa circondariale di Roma Regina Colei di voler far conoscere se l’autorità giudiziaria competente sia stata portata a conoscenza della situazione che sembrerebbe incompatibile con lo stato detentivo». Così Santi Consolo, il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, scrive alla direzione del carcere, dopo che il Garante nazionale delle persone detenute Mauro Palma, a seguito della visita Rebibbia, ha segnalato la situazione del detenuto che pesa oltre 230 chili, affetto da gravi patologie che ne hanno determinato una invalidità al 100%. Come già anticipato da Il Dubbio, il detenuto stesso, nel colloquio con il Garante nazionale, si è definito una persona “condannata a morte” e che quotidianamente vive l’insofferenza a vedersi sempre più enorme a causa della sua “inattività forzata” e, spesso in preda a crisi di panico per il timore di non poter ricevere le dovute cure salvavita in caso di un’emergenza. Nel rapporto, Mauro Palma ritiene che «tale criticità non sia connessa alla particolare situazione detentiva nell’Istituto “Raffaele Cinotti”, ma all’impossibilità in sé di detenere in carcere una persona con tali caratteristiche fisiche e ponderali, sia per la difficoltà di movimento che per la necessità di accadimento, oltre che per possibili emergenze che tale situazione può determinare. Pertanto, ritiene che la situazione in non muti anche nel caso di trasferimento ad altro istituto e che conseguentemente debba essere opportunamente valutata la possibilità di sospensione dell’esecuzione penale o quantomeno mutata la misura privativa della libertà attualmente applicata». Il capo del Dap, nella sua risposta alla relazione del Garante, ha spiegato che il detenuto, in data 27 marzo 2017, è stato poi trasferito presso Regina Coeli per motivi di sicurezza in seguito dell’aggressione perpetrata ai danni di un assistente capo di polizia penitenziaria. Alla luce delle particolari condizioni di salute in cui il detenuto riversa, Santi Consolo ha ritenuto di segnalare il caso alla direzione dell’istituto ricevente.

Il capo del Dap ha anche risposto in merito agli altri problemi riscontrati dal Garante nazione durante la visita nel carcere di Rebibbia. In particolare sulla situazione degradante del reparto G9 che, secondo la relazione, presentava criticità sia strutturaessere li che di carattere igienico- sanitarie. In particolare il Garante ha riscontrato pesanti infiltrazioni di umidità fin dall’ingresso; nell’atrio erano evidenti dei buchi contornati da macchie umide; il soffitto e le pareti del corridoio erano sporchi e umidi, con l’intonaco marcito a causa delle infiltrazioni, così come le mura perimetrali e i tramezzi interni dell’intera area del reparto trovati in condizioni fatiscenti; pavimento deteriorato con buche ricoperte da fogli di giornali; stanza della socialità carica di muffa sulle pareti e celle rese inagibili. Il capo del dap ha assicurato che la situazione del reparto è all’attenzione dell’amministrazione che ha incaricato il proprio personale specializzato a redigere una relazione tecnico/ economica in ordine al superamento delle criticità presenti.

Il Dap spiega che gli interventi previsti possono essere programmati con stralci – con conseguente parziale sfollamento di gruppi di detenuti- in considerazione dal fatto che l’edificio in questione è costituito da uno snodo centrale e tre bracci detentivi distinti, che possono essere oggetto di intervento in momenti diversi senza interferenza reciproca. In questo modo – assicura il Dap – i lavori previsti consentiranno di adeguare le celle, eliminare le infiltrazioni d’acqua, ritinteggiare le sale di socialità e altre stanze. Ci saranno anche interventi per far riaprire le celle inagibili visto anche l’affollamento che persiste nell’intero istituto. A contribuire ai lavori ci sarà anche la manodopera detenuta.