Mancava il “papello” dei detenuti comuni (non mafiosi) del carcere di Salerno per scrivere il nuovo romanzo della “nuova trattativa” Stato-mafia. All’indomani della famosa telefonata del magistrato Nino Di Matteo in diretta durante il programma Non è L’Arena, su Il Dubbio abbiamo ironizzato riportando tutti gli avvenimenti e gli pseudo scandali che si sono susseguiti dallo scoppio delle rivolte carcerarie in poi per evocare una nuova trattativa. Molti l’hanno presa sul serio. Ora spunta fuori una lettera del 7 marzo nella quale i detenuti del carcere di Salerno, che inscenarono la prima rivolta, scrivono una serie di richieste. No, non chiedono l’abolizione del 41 bis visto che erano 200 detenuti provenienti da sezioni comuni, ma - spaventati dall’emergenza Covid 19 - hanno chiesto tamponi, l’aumento del personale penitenziario di notte, un’assistenza sanitaria decente, pene alternative per chi è gravemente malato. Tutte richieste che ricordano più le linee guida dettate dell’Organizzazione mondiale della sanità che da Totò Riina. Alcuni giornali fanno un singolare salto logico dicendo che, dopo due settimane da quel “papello”, è spuntata la famosa circolare del Dap che sollecita le direzioni carcerarie a segnalare ai magistrati i detenuti che presentano tutte quelle malattie letali se si viene a contatto con il Covid 19. Poi il resto della storia al conosciamo. Ritorniamo però alla verità dei fatti, partendo da un fatto che vale fin dalla notte dei tempi: qualsiasi “rivolta” implica un disagio che serve per andare in conflitto con le autorità dove quest’ultime di solito iniziano ad ascoltare e trovare delle soluzioni. Ecco, questa è la “trattativa”, anche se è diventata una definizione “tabù”. Il garante regionale della Campania Samuele Ciambriello è stato uno dei primi ad essere accorsi al carcere di Salerno per potere calmare gli animi. Una funzione importante la sua, fondamentale come quella di tanti altri garanti che hanno riportato alla calma numerosi detenuti coordinandosi con varie autorità, dai provveditorati ai giudici di sorveglianza. Una mediazione che però avrebbe dovuto fare soprattutto l’allora capo del Dap Basentini. Come non ricordare quando, nel 2017, l’ex capo Santi Consolo si recò direttamente al carcere di Pisa dove i detenuti erano in rivolta. C’era sovraffollamento e si suicidò un detenuto tunisino. La sua mediazione fu efficace eriportò tutti alla calma. Il garante Ciambriello spiega a Il Dubbio che quando ha raggiunto il carcere di Salerno erano già presenti il provveditore regionaleAntonio Fullone e la direttrice che cercavano di calmare gli animi attraverso un dialogo e assecondare, almeno a parole, le loro richieste trascritte nella famosa lettera. «Potevano scegliere due opzioni – spiega il garante regionale -, o fare irruzione usando la forza, oppure parlare con una delegazione dei detenuti». Hanno scelto, come il buon senso richiede, la seconda. Come detto, le richieste erano tutte dovute dalla preoccupazione del contagio, richiedendo i tamponi a tutti coloro che entrano in carcere come il personale della polizia penitenziaria. Ma non solo. «Hanno richiesto – spiega ancora Samuele Ciambriello - anche di non essere trasferiti come punizione per la rivolta, ma in realtà la sera dopo ne sono stati trasferiti almeno 40». Ciambriello, come tanti altri garanti, ha mediato anche in altre carceri, fatto presente delle problematiche ai magistrati di sorveglianza, concordato misure con il provveditorato e le direzioni. C’era la rivolta di Salerno, poi quella di Poggioreale, una sorta di crescendo. Così come in altre zone d’Italia. Una piccola curiosità. Prima ancora della circolare famosa del Dap, lo stesso garante Ciambriello, d’intesa con la presidente del tribunale di sorveglianza, ha mandato una comunicazione a tutti i direttori delle carceri italiane sollecitandoli di segnalare all’ufficio della presidente i nominativi sia di chi hanno superato i 70 anni, sia di chi hanno un fine pena inferiore ai 6 mesi. Sottolineando che si trattasse di nominativi di detenuti con reati non ostativi.