Anche quest’anno praticamente solo i radicali hanno trascorso parte del loro Natale in carcere con i detenuti e la comunità penitenziaria, in solidarietà con quanto sono costretti a vivere e patire. C’è poi il ministro Matteo Salvini. Non perde occasione per dire quello che pensa, anche se spesso dovrebbe pensare di più a quello che dice.

Interviene sui fatti del Beccaria di Milano. Bisogna mettere le carceri in sicurezza. Sì, anche se certamente la “sua” sicurezza è diversa da quella che auspicano la civiltà giuridica, le leggi, la Costituzione.

TV e giornali a cadenza quotidiana ci informano di quello che dicono e fanno papa Francesco e i loro collaboratori, gli appelli, le prese di posizione. Uno è stato ignorato.

L’invito, a tutti i governanti, in vista del Natale, a concedere un indulto. La richiesta è rivolta a tutti i capi di Stato. L’indulto è un provvedimento che in Italia compete al Parlamento. Tutti presi come sappiamo dalla legge di Bilancio, quest’appello del Pontefice non è stato minimamente raccolto.

Qui non si ha nessuna intenzione, ovviamente, di tirare per la giacchetta il capo dello Stato Sergio Mattarella. Si ricorda solo che dispone di un potere, quello di “Grazia”. Faccia lui il suo piccolo indulto. Scelga un certo numero di detenuti a cui concedere la grazia. Magari 81 grazie più tre: una grazia per ognuno dei detenuti che quest’anno si è tolto la vita, 81 appunto; più tre: gli agenti della polizia penitenziaria. Perché anche loro si tolgono la vita, e probabilmente le condizioni in cui anche loro sono costretti a vivere e lavorare incidono in quella loro drammatica decisione di farla finita.

Sarebbe un gesto simbolico ma denso di significato, e un segnale inequivocabile a tutta la classe politica, di governo e di opposizione: gli oltre ottanta suicidi in carcere, per non dire di quelli sventati e delle migliaia di atti di autolesionismo, impongono, dovrebbero imporre riflessione e azione di governo.

Papa Francesco lancia un appello in favore del miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri «affinché sia rispettata pienamente la dignità umana dei detenuti» e ribadisce «l’importanza di riflettere sulla necessità di una giustizia penale che non sia esclusivamente punitiva, ma aperta alla speranza e alla prospettiva di reinserire il reo nella società». Un appello rivolto certamente a chi si onora e ci ricorda di essere cristiano e cattolico; ma che vale anche per i laici e i non credenti.

E dovrebbe essere l’occasione, per i mezzi di comunicazione, per informare, far conoscere la realtà carceraria, le possibili soluzioni e riforme. Per una vera “sicurezza”, non le intemerate di un ministro che cerca in ogni modo di guadagnare una briciola di visibilità mediatica.