GIOVANNI MARIA JACOBAZZI

«Lo sa perché sono aumentati i ricorsi davanti al giudice amministrativo da parte dei magistrati ordinari? Mi riferisco ai ricorsi contro le decisioni del Consiglio superiore della magistratura a proposito delle nomine».

No.

«Glielo dico io: per le regole che sono state fissate nel testo unico della dirigenza e che hanno archiviato il criterio dell’anzianità senza demerito». A dirlo è Gia Serlenga, giudice del Tar Puglia, attuale presidente dell’Anma, Associazione nazionale magistrati amministrativi.

Dottoressa Serlenga, ormai tutti parlano di correnti. Anche l’uomo della strada sa che esistono queste associazioni che condizionano le scelte del Consiglio superiore della magistratura. Ci sono le correnti nella giustizia amministrativa?

No, non ci sono correnti intese come gruppi di potere, ci sono delle aggregazioni.

Le correnti sono il problema della magistratura ordinaria?

Sì. Ed il problema si è incancrenito da quando è stata introdotta la valutazione di merito. Non esiste più una nomina per un incarico direttivo, soprattutto per quelle importanti, che non passi dal Tar e dal Consiglio di Stato.

Lo sappiamo bene...

Tutta colpa della valutazione discrezionale, che non esiste nella giustizia amministrativa.

Che regole ci sono per i giudici amministrativi?

Anzianità senza demerito, con criteri stringenti, periodici, ad esempio sui ritardi.

I giudici ordinari dicono che l’anzianità è un criterio del passato, che penalizza i migliori. Un magistrato bravo e che si vuole mettere in gioco, anche a 40- 45 anni, può concorrere per una piccola Procura o un piccolo Tribunale.

Guardi, sganciare la carriera del magistrato da degli automatismi, come appunto l’anzianità, significa il Far West. E per risponderle, è meglio dieci bravi che aspettano che uno meno bravo che fa carriera.

Comunque i suoi colleghi della giustizia ordinaria non vogliono tornare indietro e sono contenti di questo meccanismo.

Che evidentemente non funziona molto bene se poi vanno al Tar. L’anzianità è il sistema migliore per togliere potere delle correnti. Pensi a un magistrato di periferia che per andare avanti deve passare delle valutazioni di professionalità al Csm, che è lottizzato. Cosa deve fare? Si rischia di minare la sua indipendenza.

E gli avvocati nei Consigli giudiziari finalmente “ammessi al voto” sulle valutazioni di professionalità dei magistrati? Saranno di aiuto per arginare le correnti?

Lei veramente crede che possano fare molto meglio? Quanto ci metteranno per condizionare anche loro?

Cosa altro servirebbe per garantire autonomia e indipendenza del magistrato?

Sono una strenua sostenitrice della collegialità. Un baluardo per l’indipendenza. Da noi non esiste il giudice monocratico, era stato proposto per le materie minori, ma è stato subito archiviato. In un collegio tutto si stempera, e poi il magistrato consapevole che avanza per anzianità non teme il presidente.

È ipotizzabile un pubblico ministero collegiale?

Anche. E poi tre incompetenti in un collegio è un’ipotesi statisticamente difficile.

Cosa pensa di questa attenzione alla produttività del magistrato?

Io sono contraria a questo efficientismo spinto. Ogni sentenza è un caso a sé. Bisogna stare attenti e non rincorrere i numeri.

C’è un Luca Palamara, un ras delle nomine, fra i giudici ammistrativi?

A quei livelli, magari sarò smentita da una indagine, no. Non esiste nella giustizia amministrativa perché, per le nomine, come le ho detto, il problema non esiste. Ci potrebbe essere per gli incarichi, ma riguarda il Tar del Lazio.

E le “carriere parallele” dei giudici amministrativi?

I fuori ruolo? Come Associazione abbiamo da tempo fatto una riflessione su come penalizzarli nel caso in cui aspirino a una presidenza. Ora comunque, con la riforma Cartabia, per tre anni non potranno fare domande. Penso sia un scelta condivisibile. Non è condivisibile, invece, la sperequazione fra giudici del Tar e giudici del Consiglio di Stato: per questi ultimi, terminato il fuori ruolo, è possibile andare nella sezione consultiva di Palazzo Spada, mentre per quelli del Tar si deve restare alla presidenza del Consiglio per un anno, prima di tornare nella giurisdizione.

Cosa era preferibile?

Un cambio di sede.

Quali sono gli obiettivi dell’Anma per il futuro?

Coesione interna e dialogo con l’esterno: vogliamo avvicinare i cittadini alla giustizia amministrativa.